È una ripartenza tutta il salita quella delle scuole. Dopo mesi di didattica a distanza, soltanto gli studenti di quattro Regioni ieri sono tornati in classe. Dimezzati dai turni, ma anche dallo sciopero proclamato proprio dai ragazzi, sempre più scombussolati dalla didattica a distanza e dall'incertezza. A parte Lazio, Molise, Piemonte ed Emilia Romagna, dove le lezioni in presenza sono ripartite ieri, e Toscana, Valle D'Aosta, Abruzzo e provincia autonoma di Trento, che avevano già dato il via libera al rientro in aula al 50 per cento, le altre Regioni preferiscono aspettare ancora. I governatori hanno paura, temono a riportare sui banchi gli alunni in questo momento in cui il virus non è sotto controllo, vogliono certezze, dopo che domenica il Comitato tecnico scientifico ha di fatto scaricato su di loro la responsabilità dei rinvii. Tanto che ieri la Conferenza delle Regioni ha chiesto all'unanimità la convocazione del ministro Roberto Speranza sulla scuola: «Profondo disagio».
Il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, vuole che il Cts scriva nero su bianco che non c'è pericolo di contagio per il rientro delle superiori. Pretende chiarezza e che il governo non faccia della scuola un tema politico. «Mi sembra ci siano molte contraddizioni: in questo momento il Paese è istituzionalmente nel caos», dice su La7 mentre continua il suo braccio di ferro in Tribunale con un gruppo di genitori che non sono d'accordo con la nuova ordinanza che chiude le scuole fino a fine mese. Ma i dati del territorio, peraltro ora in fascia arancione, invitano alla prudenza. Sulla stessa linea il presidente del Veneto, Luca Zaia, che ha voluto leggere il parere con cui il Cts ha sollecitato la riapertura delle scuole perché «l'incremento dell'incidenza dei nuovi casi è contenuto» e il ritorno in classe «non è più procrastinabile» per il grave impatto che sta avendo sugli adolescenti. E ora vorrebbe che il documento dei tecnici che dà il via libera, ma senza tenere conto delle condizioni epidemiologiche dei territori regionali, fosse in qualche modo «ufficializzato» dal ministro Roberto Speranza, con un'ordinanza o una circolare. Al momento, dunque Zaia, non pensa di revocare la chiusura della scuole fino al 31 gennaio, nonostante anche in Veneto sia stato fatto un ricorso al Tar, come già accaduto in Lombardia (il cui esito è stato poi superato dall'ingresso in zona rossa, che prevede la dad al 100 per cento). «Mi sembra un controsenso promuovere lo smart working e tornare in in presenza», insiste il governatore del Veneto. Proprio ieri la Regione ha diffuso i dati del monitoraggio dei casi Covid registrati negli istituti veneti: sono 4.778 le classi dove si è registrato almeno un contagio dall'inizio dell'anno. Sempre più cauto, dunque, Zaia. Mentre le Marche vanno controcorrente. Il presidente della Regione, Francesco Acquaroli, forte di dati in miglioramento, sta pensando di anticipare il via (previsto a febbraio) al prossimo lunedì.
Il primo giorno di ripresa sarebbe stato senza criticità dal punto di vista del trasporti, il vero anello debole della scuola.
A dirlo è il ministro delle Infrastrutture, Paola De Micheli: «Nelle Regioni che hanno ripreso la didattica in presenza, a fronte dei 390 milioni stanziati, sono stati attivati 23,4 milioni di km di corse aggiuntive. I modelli organizzativi territoriali, che hanno coniugato flessibilità degli orari e le specifiche esigenze locali, coordinati dai prefetti, hanno funzionato».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.