La Francia è a secco. Da Nord a Sud le stesse scene per le raffinerie in sciopero: stazioni di rifornimento chiuse, code interminabili e prezzi della benzina in aumento. Di fronte a una crisi che si trascina da giorni, senza che il governo abbia fatto granché fino a ieri, Emmanuel Macron ha scelto la prova di forza; anche a costo di trovarsi milioni di francesi di nuovo in piazza, come quattro anni fa con le rivolte dei gilet gialli.
Accusata di inerzia, la premier Elisabeth Borne (che fino a lunedì sera era con 16 ministri in Algeria) dopo aver minimizzato per giorni la bomba sociale casalinga, nel frattempo deflagrata, si è fatta sentire ieri, ordinando la «requisizione» di una raffineria e precettando alcuni lavoratori per far riprendere il funzionamento dello stabilimento Esso-ExxonMobil di Port-Jérôme, in Normandia: due dipendenti per lo stretto necessario ieri, altri due questa mattina. Tutti gli altri hanno confermato lo sciopero lanciato il 27 settembre, con cui puntano al rialzo del 10 per cento dei salari, visti gli extraprofitti delle aziende e l'inflazione oltre il 5%.
Ma lo stabilimento, per quanto il più grande, non risolve granché, fanno notare i neogollisti, che bocciano il governo. In Francia sono 8 le raffinerie: 6 ferme. Il ministero della Transizione energetica parla di 1 stazione di rifornimento su 3 con «problemi», ferma o chiusa perché senza benzina. E prevede «giorni» per uscire dallo stallo. «Non certo in un'ora», ammette il portavoce del governo Olivier Vérain. Le regioni più colpite dall'emergenza carburante sono l'Hauts-de-France e l'Ile-de-France dove il 48,4% e il 33,9% delle pompe sono a secco. Nella Loira, a Montargis, i camion della spazzatura hanno ridotto i turni. E nella Marna una società di ambulanze ha dovuto sospendere in parte le attività di soccorso.
Borne batte i pugni sul tavolo. Macron fa sapere che non sta a lui mediare con Total, che vanta un utile di 10,6 miliardi di dollari da gennaio a giugno 2022. La Cgt, l'organizzazione sindacale alla base del braccio di ferro, con l'altra sigla Fo, denuncia un attacco «inammissibile al diritto di sciopero». Intanto Parigi e dintorni sono nel caos. Per mettersi in viaggio anche solo per lavoro si è arrivati al bagarinaggio della benzina, con svariati arresti di chi vendeva taniche piene agli automobilisti che tentavano la sorte: ad Arcueil, un 20enne voleva 3,50 euro al litro in una stazione chiusa; a Créteil, 4 uomini tra i 19 e i 22 anni proponevano bidoni da 50 litri.
Ieri TotalEnergies non chiedeva più di revocare i picchetti ma solo una ripresa delle consegne, accettando la serrata forzata auspicando una trattativa. I lepenisti tacciano di mancanza di forza il governo. E in una Francia paralizzata, la sinistra cavalca l'onda sindacale, invitando allo sciopero generale. Mentre Alain Robert, noto come lo «Spiderman francese» ieri si è arrampicato sulla torre Montparnasse senza imbragature (210 metri) per chiedere di fermare la protesta e un accordo tra i Ceo delle compagnie petrolifere e i sindacati.
Non ci sono solo le raffinerie. Anche nelle ferrovie c'è chi incrocia le braccia. E pure i dipendenti delle centrali nucleari si stanno mobilitando, chiedendo a loro volta il 5% in più in busta paga. Oggi si fermerà la centrale di Gravelines, la più potente dell'Europa occidentale.
Il 79% dei francesi giudica il governo non all'altezza di gestire la crisi della benzina. Nel caos, Macron ospiterà oggi Mario Draghi all'Eliseo. «Un saluto di congedo» per preparare il terreno alla visita del presidente francese a Roma e in Vaticano il 23 e 24 ottobre.
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