Gli sconfitti d'Europa a tavola in casa Merkel

Gli sconfitti d'Europa a tavola in casa Merkel

Il vertice di Berlino con Barack Obama e i maggiori leader europei ci offre una fotografia particolare: l'immagine di un mondo che sta per uscire di scena, di un evidente declino dell'Occidente o, quanto meno, di chi l'ha rappresentato in questi anni. Obama è all'ultima visita fuori America quale capo di Stato, dopo che la sconfitta di Hillary Clinton ha decretato la sconfessione dei suoi otto anni alla Casa Bianca. Negli Stati Uniti l'economia arranca e il superamento della crisi del 2007 non è dietro l'angolo.

In Francia il premier François Hollande è riuscito a scontentare tutti e ha posto le premesse per un ballottaggio, l'anno prossimo, tra la destra nazionalista di Marine Le Pen e il centro-destra moderato. Angela Merkel esce ormai sconfitta da ogni elezione locale ed è perfino riuscita a creare spazio a un partito e non era mai successo prima alla destra della Cdu. In Spagna Mariano Rajoy è tornato alla testa dell'esecutivo, ma non ha i voti per governare e deve far fronte a una Catalogna determinata a indire un referendum per l'indipendenza. Matteo Renzi, infine, sta agitandosi in vista del voto del 4 dicembre, ma al momento attuale i sondaggi danno vincente il «No». Soltanto la leader britannica Theresa May sembra godere di consenso, soprattutto perché (dopo essersi schierata per il Remain) ha accettato la Brexit e si è fatta carica di difendere, pur tra mille difficoltà, la decisione popolare emersa dalle urne. Il carattere crepuscolare di questo meeting ci parla di élite stanche e delegittimate, che negli anni non sono state in grado di favorire lo sviluppo dell'economia, né hanno saputo interpretare le esigenze emerse dalla società. In fondo, nell'intero l'Occidente ci si rende conto che molta responsabilità dell'ultima crisi è proprio in capo a questo establishment.

Se i cosiddetti «populisti» avanzano ovunque, è perché i «saggi» hanno fallito. Questi ultimi non sono riusciti a mantenere le promesse perché sono prigionieri di un'idea di società che conferisce un ruolo cruciale all'apparato politico-burocratico, e quindi moltiplica tasse e regole, incoraggiando e redistribuendo. Questa politica variamente socialdemocratica più o meno la medesima ovunque, al di là delle etichette ha venduto l'illusione che fosse possibile, contro ogni logica, usare la legge per favorire tutti. Quello che sembra uscire di scena è insomma il personale politico che più ha investito nello Stato assistenziale, nella programmazione economica, nella gestione politica della cultura, dell'assistenza, della sanità e di ogni altra sfera della vita sociale.

Una cosa è fuori discussione: non è detto che chi verrà dopo Obama e gli altri leader sarà meglio, né che la loro cultura politica sia davvero differente. Ma l'avanzata di questi impresentabili è l'esito quasi inevitabile del fallimento di un'intera classe dirigente.

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