E ora basta buttarla in caciara, è arrivato il momento di stringere un po'. Infatti, mentre fuori infuria la guerra delle due rose, già destinate a precoce appassimento, dentro palazzo Montecitorio, nelle insalatiere di raso e d'oro, fioriscono i primi segnali politici. Ecco i 39 voti per Sergio Mattarella, un messaggio forte, la carta della stabilità, quasi un appello disperato. Poi le donne: Marta Cartabia, otto schede, Elisabetta Belloni, che è buona pure per Palazzo Chigi, persino Rosi Bindi. Per non parlare di Casini: basso profilo, sorriso, un paio di nomination, Pierferdi e pronto. Altrimenti, non manca nulla, c'è pure un voto per Mario Draghi. Oggi intanto il vertice decisivo tra centrodestra e centrosinistra, accompagnato da tante buone intenzioni. Chissà, forse domani avremo davvero il tredicesimo presidente della Repubblica.
Sul campo, come da pronostico, la signora Bianca Scheda rivince di nuovo a mani basse, con 525 preferenze, ma la partita vera deve ancora cominciare. «Qui stiamo ancora impegnati a ballare il minuetto - spiega Giovanni Toti - però al quarto scrutinio sarà sufficiente la maggioranza assoluta e la situazione si sbloccherà. Il Quirinale è lontano da qui ma, come disse Mao, anche la Grande Marcia è iniziata con un singolo passo». Dunque, melina. Le rose si annullano, il Pd boccia il trio Pera-Nordio-Moratti condendo il niet con tante belle parole, poi ripone la sua senza nemmeno esibirla perché non c'è intesa con i Cinque Stelle, è come la guerra dei Roses. Si dichiara, si litiga e si va in tv, si fa ancora pretattica, però insomma il dialogo parte, l'accordo è in vista, anche se in Transatlantico si chiacchiera assai su un possibile blitz del centrodestra, che domani potrebbe forzare la mano e giocare la carta Elisabetta Casellati, sperando di dragare voti tra renziani e grillini. Enrico Letta è comunque molto fiducioso. «Gli incontri vanno bene, entro venerdì contiamo di eleggere il capo dello Stato. Oggi è il giorno chiave, da domani basta il quorum del 51 per cento». E Giuseppe Conte: «Abbiamo deciso alla fine di non presentare nomi, vogliamo accelerare».
Anche a Montecitorio la seconda giornata scorre più veloce della prima. Meno affollamenti, meno lungaggini, la macchina è rodata, i ranghi al completo: Rossella Sessa, Forza Italia, prima dei non eletti nel listino proporzionale della Campania, prende il posto del collega di Fi Vincenzo Fasano, morto proprio domenica. I grandi elettori sono di nuovo 1009, il quorum richiesto torna così a quota 673. Fila tutto liscio pure in piazza del Parlamento, nel drive-in per i positivi allestito nel parcheggio dei deputati: si presentano in nove.
In un pomeriggio che vede bruciare un'altra serie di papabili, a cominciare da Franco Frattini, ex ministro degli Esteri, accusato di eccessiva amicizia con la Russia, non mancano le schede beffa, i voti a perdere, le provocazioni: da Claudio Baglioni a Enrico Ruggeri, evidentemente i cantanti piacciono. Christian De Sica e Nino Frassica sostituiscono invece Amadeus mentre si pensa ai tortellini quando Roberto Fico pronuncia il nome di Giovanni Rana. Un momento, non sarà mica un segnale in codice? Tortellini-Bologna-Casini, ipotizza qualcuno, poi l'ex presidente della Camera, il più a destra di quelli di sinistra e il contrario, viene davvero buttato nel mazzo. Non scarseggiano i giornalisti, da Gian Marco Chiocci a Francesco Verderami, da Massimo Giletti a Fulvio Abbate a Claudio Sabelli Fioretti. E nemmeno i richiami ai casi di giustizia negata, come Serafino Generoso, ex assessore accusato ingiustamente, Alberto Torregiani, paralizzato dopo un agguato dei Proletari per il comunismo, e Paola Regeni, la mamma di Giulio, il ricercatore ucciso in Egitto.
Spuntano poi i candidati di bandiera. Paolo Maddalena, ex grillino, ex magistrato, esponente di Alternativa c'è, ottiene 39 preferenze. Ettore Rosato, presidente di Italia Viva, arriva a dodici. Renzo Tondo, Noi per l'Italia, raggiunge quota 17. I big del recente passato: Umberto Bossi, Massimo D'Alema, Pierluigi Bersani. Un magistrato come Nino Di Matteo.
Il commissario della Regione Lombardia al Covid Giuseppe Bertolaso. Il segnale più importante riguarda però Sergio Mattarella: il capo dello Stato ha già riempito gli scatoloni, ma che farà se, in caso di stallo, andranno a pregarlo di restare ancora un po'?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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