Un bilancio tragico a Tripoli, dopo gli scontri tra gruppi armati rivali nella capitale libica che hanno provocato almeno 32 morti e 159 feriti, sullo sfondo di una crisi politica che si trascina da anni e con due governi rivali. Dopo circa 24 ore di combattimenti, la capitale della Libia è tornata sotto il controllo delle forze affiliate al primo ministro del governo di unità nazionale (Gun), Abdulhamid Dabaiba: la forza Rada, guidata da Abdel Raouf Kara; la Brigata 444, guidata da Mahmoud Hamza; e la Forza di sostegno alla stabilizzazione, guidata da Abdel Ghani al Kikli. Il premier designato dell'esecutivo di stabilità nazionale (Gsn), Fathi Bashagha, e i gruppi armati al suo seguito che tra il 26 e il 27 agosto hanno cercato di entrare a Tripoli e assumere il potere si sono ritirati. Per la terza volta, quindi, il tentativo di Bashagha di prendere il potere è fallito, ma questa volta con un elevato costo di vite umane e di danni materiali, che potrebbero avere un peso sul futuro dell'ex ministro dell'Interno. L'esito degli scontri dimostra una «totale impreparazione dell'attacco», affermano fonti libiche ad «Agenzia Nova».
È stata una domenica relativamente tranquilla dopo la violenza. La maggior parte delle attività, riferisce un corrispondente dell'Afp - sono riprese, come anche i voli all'aeroporto di Mitiga che erano stati sospesi il giorno prima. Oggi anche le scuole dovrebbero riprendere lo svolgimento regolare, in particolare gli esami di maturità.
I danni dei sanguinosi combattimenti avvenuti da venerdì a sabato sera sono ingenti e visibili in tutta Tripoli, con molti edifici crivellati di proiettili e decine di auto date alle fiamme. Sei ospedali sono stati colpiti dai raid. Da marzo scorso due governi si contendono il potere in Libia: uno con sede a Tripoli, riconosciuto internazionalmente, guidato da Abdulhamid Dabaiba dal 2021, e un altro da Fathi Bashagha e sostenuto dal campo del maresciallo Khalifa Haftar, l'uomo forte dell'Est del paese.
Le Nazioni Unite hanno esortato ieri «le parti libiche a impegnarsi in un vero dialogo per risolvere l'attuale impasse politica e a non ricorrere alla forza per risolvere le loro divergenze».
L'instabilità e la «permanente conflittualità» in Libia, dove è tornata ad esplodere la violenza con scontri e vittime, erano state tra i temi al centro della relazione del Copasir sull'attività svolta, approvata nei giorni scorsi.
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