di Silvia Kramar
S orvolando Città del Messico, prima di prender terra all'aeroporto Benito Juarez, la città appare sventrata. I quartieri più colpiti dalla tremenda scossa, che ha liberato una energia pari a 250 bombe atomiche di Hiroshima, sono quelli settecenteschi del centro. Lì si vedono solo macerie: gli edifici sbriciolati, le strade, gli immensi paseos, squarciati come da giganteschi apriscatole, pali della luce, automobili, ed altri rottami metallici accartocciati e sepolti dai detriti. Una volta atterrati ci si rende conto di quale terribile colpo di maglio si è abbattuto su questa città. (...) Colonne di fumo si alzano dai cumuli di macerie sotto le quali rimangono ancora imprigionate intere famiglie. Molti serbatoi di gas liquido (Città del Messico non ha una rete di distribuzione) sono esplosi ieri mattina provocando una serie di incendi che il vento teso ha alimentato. L'impressione è di una città sottoposta ad un bombardamento con ordigni incendiari. Quando non è il fumo, è la polvere prodotta dalle macerie che oscura il cielo. Perché edifici che il sisma aveva solo danneggiato, crollano all'improvviso: bastano le vibrazioni prodotte da un elicottero di soccorso o addiritura i cingoli dei bulldozer che convergono in città. Cinquantamila uomini tra soldati, pompieri, poliziotti e volontari, scavano ininterrottamente da più di trenta ore. Chi non ha mezzi meccanici, chi non ha zapper o picconi, scava con le mani. Ho visto mani insanguinate che graffiavano le macerie in una lotta disperata contro il tempo. Da sotto, soffocata da tonnellate di mattoni e cemento, si sentiva una voce che invocava «auxilio», aiuto.
Il Paseo de la Reforma, una delle arterie della capitale: qui un palazzo di 14 piani si è accartocciato su se stesso seppellendo almeno cinquecento persone. L'edificio che ospitava le stazioni televisive «Televisa» sembra sia stato preso a cannonate. Tre giornalisti e una cinquantina di tecnici che stavano mandando in onda il telegiornale del mattino vengono dati per dispersi. Un agglomerato di appartamenti devo abitano 300 famiglie è stato ridotto ad una montagna di polvere. (...) Tre dei maggiori ospedali della capitale sono stati gravemente danneggiati dal sisma. In uno, il Benito Juarez, numerosi ricoverati sono periti sotto le macerie. Mancano plasma sanguigno, bende, cerotti, aghi da sutura. Fino a questa mattina mancava anche la benzina per le ambulanze. Gli scampati raccontano di un fragore assordante e poi delle case che prendevano a ondeggiare mentre il suolo, come se fosse composto di materia gelatinosa, si alzava, scendeva e sussultava. (...
) Intanto saltavano le tubazioni dell'acqua, e le bombole del gas, innescate dai cavi spezzati della corrente elettrica, prendevano fuoco. La gente si è messa a correre accecata dal fumo e dalla polvere. I più ce l'hanno fatta. Ma migliaia di sventurati sono rimasti sepolti.Città del Messico, 20 settembre 1985
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