Il Cts suona la campanella. Ma non si sa ancora per chi.
Il comitato tecnico scientifico, interpellato ieri dal governo, si è espresso per il via libera alla riapertura delle scuole superiori in presenza dal 50 al 75 per cento a partire da oggi nelle zone gialle e arancioni, come previsto dal Dpcm dello scorso 14 gennaio. Un parere tecnico che oblitera le decisioni di Palazzo Chigi e in teoria dovrebbe spegnere le polemiche. Ma in realtà non va proprio così.
Gli esperti nel corso del vertice domenicale hanno ribadito l'importanza della ripresa della scuola al netto della necessità di tenere sotto controllo la curva dei contagi. E se alcuni governatori si opporranno alla riapertura delle scuole «se ne assumeranno la responsabilità» anche perché «stanno emergendo problematiche legate anche alla sfera psichica nella popolazione giovane in età scolare e anche negli studenti delle università».
E saranno in molti i governatori che dovranno prendersele, queste responsabilità. Detto che al momento Lombardia, Sicilia e provincia autonoma di Bolzano, ovvero oltre un quarto della popolazione italiana, sono fuorigioco perché rosse, delle diciotto tra regioni e province autonome più «chiare» Abruzzo, Toscana, Valle d'Aosta e provincia autonoma di Trento hanno riaperto le scuole secondarie dopo le feste mentre Emilia-Romagna, Lazio, Molise e Piemonte lo faranno domani. Le altre aspetteranno ancora, con il Friuli-Venezia Giulia (peraltro una delle regioni con i numeri peggiori nelle ultime settimane), che ha stabilito con un'ordinanza urgente firmata sabato il rientro in classe il prossimo 1° febbraio. Data scelta al momento anche da Basilicata, Calabria, Marche, Sardegna e Veneto. Scuole riaperte il 25 gennaio invece per Campania, Liguria, Puglia e Umbria.
Se la ministra Lucia Azzolina gongola parlando di «una guida chiara che mi auguro possa garantire a scuole e studenti le certezze di cui hanno bisogno» e di «atto di responsabilità nei confronti dei nostri giovani», poco convinto appare invece Stefano Bonaccini, presidente dell'Emilia-Romagna e della Conferenza delle Regioni, che parla di «incertezza che va a discapito in primo luogo di studenti, genitori e di chi nella scuola lavora». Il governatore fa notare la differenza di giudizio tra l'Istituto superiore di sanità, che sabato «ha parlato del rischio di pandemia fuori controllo» e il Cts che «ha superato le sue stesse valutazioni di qualche mese fa sull'incompatibilità della scuola in presenza per la zona gialla» informandoci che «la didattica in presenza ora è addirittura compatibile con la zona arancione». Una confusione aumentata dal fatto che «i diversi Tar accolgono o bocciano le ordinanze regionali a prescindere dall'andamento dell'epidemia». Certo che «avremo Regioni in zona gialla con la didattica a distanza anche per le scuole elementari e Regioni in zona arancione con la didattica in presenza anche per le scuole superiori» e questa «è una contraddizione che non spetta a me risolvere. Ci penserà il governo, quando riterrà».
Soddisfatto Antonello Giannelli, presidente dell'Associazione nazionale presidi: «Ben venga la decisione di riaprire in presenza le scuole superiori se lo si può fare in sicurezza». Anche Giannelli però auspica «più uniformità di vedute tra le autorità centrali e quelle regionali. Le polemiche non servono».
Di «confusione, scaricabarile, incertezza e un'assoluta mancanza di rispetto nei confronti di studenti, presidi, insegnanti e personale scolastico» parla Licia Ronzulli, vicepresidente del gruppo Forza Italia al Senato. Mentre Gabriele Toccafondi (Italia Viva) ironizza: «Dovevamo dimetterci noi dal governo per far riaprire le scuole?».
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