Vorremmo dire che è solo tutto inconcepibile, ma abbiamo un figlio adolescente. Lo sappiamo perfettamente quanto, a quell'età, siano in grado di segarti i nervi. Non metterli alla prova, non esacerbarli, proprio segarli: con un'arma a denti affilati. È forse l'unico ambito al quale fanno lo sforzo di applicare il metodo scientifico. Da quando si sono trasformati in una specie di Giano Bifronte: un volto del quattrenne che furono, l'altro di un estraneo ostile. Con quel paesaggio di costole in rilievo sotto la maglietta, quel disordinato, sparuto progetto di baffi e in testa chissà cosa, chissà chi. Strappare, rompere, allontanare, provocare. Cavarsi tutti dalle viscere, specie la madre, che è quella che nelle viscere se li terrà comunque tutta la vita. Ma anche farsi accudire, rassicurare, consolare. Sono adolescenti, a volte anche meno. Figuriamoci se non lo sappiamo, che bomba di rabbia e conflitto teniamo in casa tutti i giorni, e mandiamo a scuola tutti i giorni... a ticchettare nelle mani dei professori. Lo sappiamo benissimo cosa consegniamo loro. Ma assieme ai nostri figli intrattabili, ogni mattina entra in aula anche la nostra fiducia, che certo non può essere presa a cazzotti in un gesto di stizza. Il docente di un istituto superiore di Pontedera che ha sferrato un pugno nello stomaco dello studente che lo derideva dicendogli «Allora, cosa fai?!», non dovrebbe, semplicemente, fare l'insegnante. Al netto dell'indisponenza, della maleducazione del non senso del limite dimostrati dal ragazzo.
Suggeriamo al professore di pensare a un'altra strada perché ancora prima dell'intollerabile pugno, c'era qualcosa di spostato in quella scena, di fuori posto. Innanzitutto un alunno non dovrebbe essere vicino alla cattedra se non invitato o interrogato, e tantomeno dovrebbe esserci per «sfottere» il prof anche con una certa dimestichezza nei confronti della pratica.
Quel video riprende una classe che non riconosce alcuna autorità all'adulto presente in quel momento. Ed è evidente che quando non sai su che piano cercare, trovare, portare un dialogo, abbandoni le parole e passi ad altro. Ti arrendi, principalmente al tuo fallimento. In quel pugno c'è la reazione di un esasperato e di un vinto: nello stomaco del ragazzo, sono arrivati entrambi. La madre del giovane ha denunciato il professore che nel frattempo è stato ovviamente sospeso.
Per riabilitarsi davvero dovrebbe ammettere che l'insegnamento non è il suo mestiere, che forse, lui, non è la persona più adatta a maneggiare quella dinamite che sono i ragazzi nell'età dello sconquasso. Ma forse si limiterà a farsi spostare di sede, attendendo «imboscato» che la bufera si plachi. Siamo adulti, a volte anche meno.
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