Sempre avanti, su più fronti. Il campo, con notizie drammatiche in attesa della controffensiva ucraina. Le parole, con il solito balletto di accuse incrociate che quasi non fa più notizia. Gli appelli e la diplomazia, con i tentativi, complicati, di porre in qualche modo fine al conflitto. Il tutto mischiato in quel grande caos che è la guerra in Ucraina.
Il campo racconta di una controffensiva di Kiev che deve ancora partire ma su cui ci sono grandi aspettative e si intravedono i primi movimenti. L'incendio dell'altro giorno al maxi-deposito di petrolio di Sebastopoli, nella contesa Crimea, «è un lavoro preparatorio a quell'ampia offensiva su vasta scala che tutti si aspettano», ha confermato la portavoce delle forze di difesa di Kiev Natalya Gumenyuk. Per l'attacco vero e proprio bisognerà aspettare almeno qualche altro giorno e l'esito dipenderà anche dagli armamenti a disposizione dell'esercito ucraino. La Germania ha consegnato un altro pacchetto di aiuti, compreso un nuovo sistema di difesa aerea Iris-t, il governo ucraino ha firmato tre nuovi accordi con l'azienda turca produttrice dei droni Bayraktar. Ma «non tutte le armi che sono state consegnate all'Ucraina sono in buone condizioni», riferisce un consigliere della Difesa di Kiev, riferendosi ai venti cannoni semoventi che l'Italia ha fornito e che sarebbero non funzionanti. Ma intanto, in ogni caso, il conflitto va avanti. E fa sensazione l'immagine diffusa dall'intelligence britannica delle punizioni che toccano ai soldati russi che vogliono lasciare il campo di battaglia o che non rispettano le regole. I comandanti li rinchiudono dentro buche scavate nel terreno coperte da una griglia metallica lasciandoli al freddo, senza cibo né acqua. Si tratta delle «zindan», buche da tortura che venivano utilizzate già dall'armata rossa sovietica, ovviamente in violazione di ogni convenzione internazionale. Mentre i combattimenti non si fermano e i mercenari della Wagner annunciano di essere «a circa un chilometro e mezzo dalla liberazione di Bakhmut», con la linea del fronte che si starebbe avvicinando sempre più al centro della martoriata città. Intanto arrivano altre notizie che danno il senso della drammaticità del conflitto. Secondo la procura generale di Kiev sono già 477 i bambini che hanno perso la vita causa dei bombardamenti russi mentre più di 955 sono stati feriti. «Chiunque abbia commesso crimini di guerra o contro l'umanità in Ucraina, compresi lo stupro e l'omicidio di civili e bambini, sarà trovato e distrutto in qualsiasi parte del mondo», ha tuonato il capo dell'intelligence militare ucraina, Kirill Budanov.
Di ritorno da Budapest, Papa Francesco lancia l'ennesimo appello per la pace. «La pace si fa sempre aprendo canali mai con la chiusura. Io sono disposto a fare tutto il necessario. Adesso è in corso una missione: per ora non è pubblica, ne parlerò quando sarà pubblica», ha detto il Pontefice che si è espresso anche sulla deportazione dei bimbi ucraini in Russia. «La Santa Sede ha fatto da intermediario in alcune situazioni di scambio di prigionieri. È un problema di umanità, prima di un problema di un bottino di guerra o di trasloco di guerra», ha aggiunto il Santo Padre. Sul fronte della diplomazia, ieri altra telefonata tra il presidente ucraino Zelensky e quello francese Macron, che è stato informato della situazione al fronte e degli sviluppi sul campo. «La velocità e la specificità della risposta sono molto importanti», ha ribadito Zelensky, che ha riferito anche di aver posto «speciale attenzione» al summit della Nato in luglio a Vilnius, in cui Kiev conta di compiere passi decisivi per l'ingresso nell'Alleanza. Secondo il viceministro degli Esteri di Kiev Andriy Melnyk intanto, «la Cina potrebbe realisticamente emergere come mediatore del conflitto tra Russia e Ucraina». «I cinesi stanno ovviamente perseguendo i propri interessi.
Ma credo che una soluzione giusta e pacifica e la fine delle ostilità siano più in linea con gli interessi di Pechino di questo enorme terremoto senza fine per l'intero ordine mondiale», ha detto, lasciando quindi la porta aperta verso un ruolo decisivo di Pechino che, al momento, continua a rimanere ambiguo. Ma probabilmente, al momento, rappresenta l'unica chacnhe di aprire un dialogo.
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