Se basta un normale inverno a ridicolizzare le «archistar»

Il ponte di Venezia dei Calatrava è off limits perché sdrucciolevole. E a Foligno la chiesa di Fuksas è troppo fredda: messa in sacrestia

Se basta un  normale inverno a ridicolizzare le «archistar»

Il «generale inverno» sta azzerando le velleità delle più famose archistar. Un po' quello che successe, secondo la leggenda, a Napoleone in Russia: i bottoni delle uniformi della Grande Armata erano in stagno, lo stagno col gelo si trasforma in una polvere grigia, letteralmente 600mila uomini rimasero con le braghe calate.

E con le braghe calate si sono trovati in questi giorni i veneziani alle prese con le ardite discese del ponte di Santiago Calatrava in quel di piazzale Roma, diventato - causa abbassamento imprevisto della temperatura - una lastra di ghiaccio levigatissimo (vedi foto venessia.com), buono come trampolino per il salto con gli sci. La calatravata, inaugurata nel 2008, è stata contestata fin dagli inizi, vuoi per i costi lievitati fino a 12 milioni (quasi il doppio del preventivo iniziale), vuoi per il peso smodato che tendeva a spostare gli argini sul Canal Grande, vuoi per i gradini in vetro trasparente scivolosi in ogni stagione, ma anche tanto fragili da non reggere il peso e gli urti dei trolley dei turisti, che è già stata necessaria una sostanziosa e onerosa manutenzione.

E sia. Il ponte di Rialto resiste splendidamente da oltre 400 anni, anche sotto zero. Altri tempi, altri architetti.Il freddo non risparmia neppure la grandeur di Massimiliano Fuksas il cui progetto più ardimentoso, la Nuvola del Centro Congressi all'Eur di Roma, sta al pari con le piramidi egizie: disegnata nel 2000, in costruzione da 8 anni, costo 450 milioni di euro, forse sarà inaugurata nel 2017. In questi giorni, però, al centro delle polemiche è un suo edificio meno pomposo, sebbene altrettanto significativo per la funzione rivestita: la chiesa di San Paolo Apostolo a Foligno, un monolitico cubo in calcestruzzo armato, eretto nel 2009 come riparazione ai danni del terremoto umbro marchigiano del 1997.

L'edificio, concepito come una scatola nella scatola di 30 metri di lunghezza e 26 di altezza, dal costo di tre milioni di euro, è di una tracotanza epocale, nonché fuori contesto rispetto al resto del territorio (ma proprio così voleva Fuksas). Viene da chiedersi se Dio possa abitare tanta bruttezza, certo è che i sacerdoti e i fedeli non hanno resistito al freddo intenso che vi regna, tanto che nel periodo di Natale la messa è stata celebrata nel salone parrocchiale attiguo e il trasferimento delle celebrazioni pare definitivo, almeno fino al disgelo.La questione ha un vago sapore teologico. Dante rappresenta il centro dell'Inferno come una ghiacciaia dove è imprigionato Satana. La Conferenza Episcopale Italiana non deve aver troppa confidenza con la Divina Commedia, tanto da approvare la chiesa di Fuksas che già nella forma ricorda un diabolico frigorifero. I parrocchiani si lamentano, infatti, che spesso dentro la navata sia addirittura più freddo di fuori, che le correnti d'aria gelida mettano a repentaglio la salute degli officianti e dei credenti. E non è prevista facile soluzione: «Il problema è stato affrontato spiega don Giovanni Zampa, uno dei parroci abbiamo chiamato diversi tecnici e fatto fare studi, ma bisognerebbe apportare modifiche strutturali per ottenere risultati soddisfacenti; purtroppo l'edificio ha dei vincoli estetici posti dal progettista che non ci consentono di intervenire». Amen.

Piuttosto che i caloriferi, muoiano i cristiani. Come dunque dar torto al re del cachemire di quelle zone, Brunello Cucinelli, uno che di caldo se ne intende, quando ha detto che sarebbe «felice di sponsorizzare il progetto di abbattimento della chiesa progettata da Fuksas». Al di là delle valutazioni estetiche, stupisce che non si badi alla funzionalità di quanto si va costruendo come se un ponte non dovesse servire a portare gente a piedi, magari con le valigie, da un argine all'altro, o come se una chiesa non fosse il luogo dove si celebrano messe o ci si inginocchia in preghiera. La fama delle archistar spesso non è legata ai risultati né alla resistenza degli edifici o alla loro fruibilità.

Si veda il Maxxi di Roma, auto celebrazione in vita di Zaha Hadid, un museo dove è quasi impossibile allestire una mostra o appendere dei quadri: nel programma triennale 2016-18 degli investimenti per il patrimonio del Mibac, sono previsti 2 milioni di euro per la «manutenzione straordinaria per adeguamenti normativi» dell'edificio. Per ora non è dato sapere di più, ma ad appena cinque anni dall'inaugurazione un ritocchino depone a sfavore della solidità del progetto.

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