Vite in sospeso. Ventuno anni in attesa di una sentenza, con una spada di Damocle sulla testa, confinati nel limbo dei presunti colpevoli. Non è difficile immaginare il tormento di restare appesi ai tempi lunghi della giustizia italiana. È quello che rischia di accadere a tanti imputati in attesa di giudizio. È quello che vuole il governo Renzi. Il veleno è nel disegno di legge anti corruzione che il premier vuole fare approvare al più presto. Lì c'è la norma che aumenta i tempi della prescrizione. Fino a quando, sei anni, nove anni, quindici? No, ventuno. Due decenni, un pezzo di esistenza, il tempo di mettere al mondo un figlio più che maggiorenne, di crepare di ansia, di spendere patrimoni in avvocati e di ammuffire in un'aula di tribunale. Questa è la giustizia nell'era del renzismo. La scusa, naturalmente, è di non permettere ai malfattori di sfuggire alla legge. La conseguenza concreta è che si perde ogni certezza del diritto. Tanto i magistrati avranno un motivo in più per prendersela comoda e per lamentarsi della lentezza dei computer.
Non facciamoci illusioni. Non sarà la prescrizione l'arma che fermerà i corruttori. Se in ventuno e passa anni una procura non è in grado di trovare prove significa o che non ci sono o che chi le deve cercare è un lavativo. Se in ventuno anni non si riesce a chiudere un processo la giustizia può anche appendere dietro allo scranno del giudice la parola fallimento. La corruzione è figlia soprattutto di quei legami fetidi e malsani tra potere e denaro. È il malessere di uno Stato elefantiaco e troppo presente. È quel capitalismo di relazioni che Renzi ripudia a parole ma che nei fatti è l'architrave del suo sistema politico.
La prescrizione infinita non danneggia i corrotti, i veri colpevoli, ma gli innocenti. Sono loro che non ottengono giustizia, che si ritrovano con la faccia sporca. Sono loro che non sapranno più difendersi dall'infamia e dal sospetto. Sono loro che verranno danneggiati negli affari e nella credibilità, soprattutto in un Paese dove la presunzione di innocenza è un principio rottamato e calpestato. Ogni uomo avrebbe diritto a un regolare processo. Breve. Altrimenti si cade nell'assurdo e nell'angoscia.
Come nel Processo di Kafka, l'imputato va in cerca di risposte. Di cosa mi accusano? Quando finisce questa pena? E il dramma è quando a queste domande non c'è risposta. Ventuno anni di prescrizione sono un anticipo di ergastolo.
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