Togliete Netflix a Beppe Grillo. L'ex comico, ex blogger di successo - ora i lettori e conseguentemente i conti sono precipitati - e fondatore del Movimento Cinque Stelle, lunedì di Ognissanti ha finito di vedere la fortunatissima serie coreana Squid Game. «Dov'è la notizia?» - direte voi -, come lui l'hanno guardata all'incirca 132 milioni di persone in tutto il pianeta?
La novità è che Grillo, a differenza di voi e, oseremmo dire, di tutti i critici cinematografici del mondo e dei 132 milioni di spettatori sopraccitati, ci ha visto una cosa che nessuno, neppure in controluce, aveva notato. Se fate parte dei sette miliardi e qualche spicciolo di esseri umani che non hanno visto Squid game ci dispiace per lo spoiler, ma dobbiamo dirvelo: parla di reddito di cittadinanza, di reddito universale, per la precisione. Beppe non ha dubbi. La storia narra di un gruppo di persone, oberate dai debiti o comunque con gravissime difficoltà economiche, che partecipa a un gioco mortale nel tentativo di portare a casa, oltre che la pelle, un montepremi miliardario. Una critica alla disuguaglianza economica che per Grillo ha una sola e inequivocabile risposta: il reddito universale. Noi, poveri scemi, che ci arrovellavamo sul significato della serie, non avevamo capito che era un gigantesco e planetario spot ai Cinque Stelle.
Grillo, evidentemente ossessionato dal sussidio statale, lo vede ovunque, anche tra le righe del monoscopio. Ma il destino infausto gli gioca anche un brutto scherzo: perché proprio nel giorno in cui dal suo blog, con spirito divulgativo, ci rivela il significato di Squid game, le cronache ci svelano gli ultimi disastri del suo coccolato reddito di cittadinanza. In Puglia, 290 ladri - per favore smettiamola di chiamarli furbetti - s'intascavano l'assegno mensile senza averne diritto. Tra di loro c'erano anche 50 condannati per mafia, giusto per non farsi mancare nulla.
Un caso? No, poche settimane fa i finanzieri, a Bari, avevano scoperto 109 pregiudicati anche loro senza requisiti, ma tutti con il «reddito». Queste sono cose serie, molto più delle serie. Ma, a giudicare dai risultati, preferiamo sorbirci i deliri del Grillo critico cinematografico, piuttosto che quelli del Grillo politico.
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