Sette imprese su dieci sull'autostrada digitale

Ma un sondaggio del Politecnico di Milano rivela che un italiano su tre non usa la rete

Laura Verlicchi

Italia digitale, lavori in corso. Banda larga, cloud, e-commerce: la quarta rivoluzione industriale è in piena effervescenza e sta cambiando il lavoro, proprio come hanno fatto le tre che l'hanno preceduta; la macchina a vapore, l'energia elettrica e l'informatizzazione. Tra le prime due è passato oltre un secolo, mentre l'ultima è di pochi decenni fa, eppure ci sembra preistoria: il tempo dei cambiamenti corre sempre più veloce. Nell'industria 4.0 i sistemi informatici dialogano tra di loro: sparisce la carta, i documenti diventano parte di un processo di scambio continuo dove condivisione è la parola d'ordine.

L'Italia prova a stare al passo ma siamo ancora indietro: pur essendo uno dei Paesi dove il tasso di digitalizzazione cresce di più, in Europa restiamo a fondo classifica, al 25° posto su 28. A dirlo è il Desi «Digital Economy & Society Index», l'indicatore messo a punto dall'Unione Europea basato su cinque categorie: connettività, competenze digitali, integrazione delle tecnologie digitali nel business e digitalizzazione dei servizi pubblici. Nell'edizione 2016, il punteggio dell'Italia è di 0,404 contro lo 0,52 della media europea, per non parlare dei Paesi all'avanguardia come Danimarca (0,68) o Irlanda (0,67). Un giudizio impietoso che cancella molti luoghi comuni: scopriamo che un italiano su tre ancora non usa internet, e siamo gli ultimi in Europa per propensione all'uso dei servizi digitali. Come dire che quello smartphone che la stragrande maggioranza di noi brandisce come un'estensione di se stesso in realtà è ancora poco più di un super telefono, utilizzato al di sotto delle sue possibilità. Lo dimostra il fatto che solo il 43% della popolazione italiana dispone di competenze base in materia digitale - tipo l'uso della posta elettronica - contro il 55% della media europea.

Non va meglio se spostiamo lo sguardo dal consumatore all'industria: il 38% delle aziende ancora dichiara, rispondendo a un sondaggio dell'Osservatorio Smart Manufacturing del Politecnico di Milano, di non conoscere il tema della digitalizzazione. Il commercio elettronico è troppo spesso un'occasione mancata per le piccole imprese, non solo italiane: il 65% degli internauti europei effettua acquisti online, ma solo il 16% delle PMI vende sulla rete e meno della metà (il 7,5%) lo fa anche oltre frontiera. Ma anche qui il cambiamento corre veloce, soprattutto grazie alla banda larga, l'autostrada digitale su cui ormai viaggiano anche le piccole e medie imprese: in Italia lo fanno in sette su dieci, anche se con importanti differenze tra regione e regione.

I risultati si vedono: la trasformazione digitale ha un impatto diretto sui bilanci delle aziende, lo dimostra un'indagine condotta dalla società di ricerca Coleman Parkes Research in 21 Paesi nel mondo inclusa l'Italia. Grazie allo Smart Manufacturing, i processi produttivi diventano più facili da controllare e coordinabili, i costi si abbassano, diminuiscono i ritardi dovuti a guasti o a mancanze di forniture: la produttività aumenta. E le aziende italiane che hanno introdotto queste applicazioni hanno ottenuto una crescita del 30% dei ricavi. Per una volta, però, il settore più «virtuoso» è il pubblico: il punteggio relativo all'e-government- la trasformazione digitale della pubblica amministrazione- fa guadagnare all'Italia il 17° posto nella classifica europea. Tra gli enti locali, il 75% dei Comuni ha la connessione alla banda larga, il 91% ha un sito attivo dove si possono acquisire informazioni e, nel 76% dei casi, scaricare la modulistica. Sempre più atti si possono fare online, dal cambio di residenza alla denuncia di nascita di un bambino.

Bene anche la sanità pubblica: praticamente la metà di Asl e aziende ospedaliere italiane offre la possibilità di ritirare i referti online. Lo smartphone finalmente prende il posto dello sportello: e lo farà sempre di più.

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