C' è una sola categoria che in Italia non è stata minimamente ristorata per i danni subiti a causa della pandemia: gli studenti. Gli ultimi test invalsi hanno certificato quel che era prevedibile. Il 39% degli studenti di terza media ha una dimestichezza insufficiente con la lingua italiana. Il 5% in più di due anni fa. Il 51% degli studenti che hanno sostenuto l'esame di maturità è risultato insufficiente in matematica (piu 9% rispetto al 2019), il 44% è al di sotto della competenza minima in italiano (più 10%). Considerando che già due anni fa eravamo il paese europeo con i giovani meno formati, siamo di fronte a una vera e propria catastrofe nazionale. E il fatto che nel biennio pandemico gli esami di maturità abbiano registrato mediamente i voti più alti della storia repubblicana aggiunge al danno la beffa. Non è certo largheggiando nei giudizi che aiuteremo i nostri figli e i nostri nipoti a farsi largo in un mondo sempre più globalizzato e competitivo.
A inizio pandemia proponemmo di allungare il calendario scolastico fino a luglio compreso: meglio più Dad di niente. All'inizio di quest'anno rilanciammo la proposta confidando nella didattica in presenza. Il presidente del Consiglio Draghi ha sostenuto la medesima tesi: non se ne è fatto nulla a causa delle resistenze sindacali. Si è di conseguenza ripiegato su un «Piano scuola estate» su base volontaria.
Ora, però, basta. Basta assecondare egoismi corporativi, basta far finta di non sapere che in questo spaventoso buco nero formativo finirà parte non marginale del nostro futuro. Gli studenti di oggi sono la classe dirigente di domani: stiamo assistendo passivamente alla dilapidazione del nostro capitale umano.
Cosa fare? Il minimo sarebbe creare le condizioni perché a settembre le scuole possano riaprire senza dover poi essere costrette a chiudere a causa di una qualche variante del Covid. Come? Potenziando il trasporto pubblico locale e soprattutto proteggendole dal virus. Sono circa 200mila i docenti che hanno scelto di non vaccinarsi aumentando di conseguenza il rischio di contagio degli studenti e dei loro familiari. Tra gli amministrativi, i tecnici e gli ausiliari la percentuale è molto più alta. Un decreto del governo ha obbligato al vaccino il personale sanitario, ne serve uno per il personale scolastico. Ma se ne potrebbe anche fare a meno. Come ha scritto su lavoce.
info il giuslavorista Piero Ichino, «a norma dell'articolo 2087 del Codice civile e dell'articolo 15 del Testo unico per la sicurezza nei luoghi di lavoro», è sufficiente che il ministero dell'Istruzione disponga per via amministrativa la profilassi obbligatoria. Non sarà bello, ma è necessario. È il minimo che si possa fare per evitare di penalizzare ulteriormente l'unica categoria italiana cui è stato negato ogni «ristoro».
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