La sfida delle Comunali. Un voto anti-fango

Dalla gogna per Morisi al video contro FdI, è il solito metodo di Pd e grillini: ogni mezzo per battere il centrodestra. Ma è Conte a rischiare più di tutti

La sfida delle Comunali. Un voto anti-fango

Oggi e domani 12 milioni di italiani sono chiamati alle urne per Comunali, suppletive e regionali (in Calabria). Tante le sfide pesanti, da Milano a Roma, da Torino a Napoli e Bologna. Sulle elezioni si allunga l'ombra della gogna mediatica che la sinistra sta scatenando contro gli avversari dopo il caso Morisi e il video sul meloniano Fidanza. Ma sono i grillini a rischiare di perdere le città in cui governano.

Il segretario Letta è al bivio. In palio c'è la sua leadership

Enrico Letta prova ad allontanare il fantasma di Stefano Bonaccini. Con il voto, suppletive, comunali e regionali in Calabria, il segretario del Pd si gioca tutto. In primis la poltrona in Parlamento nel collegio di Siena dove gli elettori sono richiamati al voto in seguito alle dimissioni dell'ex ministro Pier Carlo Padoan. Ma sul piatto ci sono anche la guida del Pd e di federatore della nuova alleanza con i Cinque stelle. Chi rischia di più è proprio il segretario dei democratici. La minoranza interna, che poi è maggioranza nei gruppi parlamentari, guidata dalla coppia Guerini-Delrio è già pronta a giocare la carta Bonaccini per il dopo Letta. Il segretario del Pd sogna il cappotto, 5 a 0: la vittoria a Roma, Milano, Napoli, Bologna e Torino. La partita appare in discesa a Milano e Bologna. In bilico Napoli, Roma e Torino. Ma i riflettori sono puntati soprattutto su Napoli dove si battezza il patto Conte-Letta-Speranza. Il candidato è l'ex ministro dell'Università Gaetano Manfredi. Se il candidato della coalizione va al ballottaggio, rischia di uscirne sconfitto sia contro l'ex sindaco Antonio Bassolino che contro il magistrato Catello Maresca, sostenuto dal centrodestra. Il flop napoletano dell'alleanza Pd-Cinque stelle rimetterebbe in gioco i piani di Letta e Conte. La linea del segretario ne uscirebbe sconfessata. La sconfitta aprirebbe la corsa verso il congresso. Obiettivo degli ex renziani che hanno già il nome: il governatore dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Che gode dell'appoggio della pattuglia dei sindaci dem. Letta dopo 6 mesi alla guida del dem è già al bivio: se vanno male le comunali dovrà iniziare a prendere in considerazione l'ipotesi di rimettere sul tavolo la leadership. Un cambio di piano che arriverebbe, dunque, alla vigilia di un passaggio cruciale: l'elezione del capo dello Stato. Le comunali sono dunque per Letta il vero primo test per sondare la solidità della sua leadership. / Pasquale Napolitano

Conte stretto tra due fuochi. Tifa dem ma rischia coi suoi

Testa e cuore a Napoli e a Bologna, nervi tesi a Milano, Roma e Torino. Paradossalmente il M5s di Giuseppe Conte gioca di rimessa nelle città dove presenta un proprio candidato, mentre punta tutto sui due capoluoghi in cui è riuscito a sistemarsi sotto l'ombrello del centrosinistra giallorosso. Segno dei tempi, rispetto a cinque anni fa il mondo è cambiato. E se allora il Movimento di Beppe Grillo conquistava la nuova e la vecchia capitale in virtù della sua capacità di raccogliere voti a destra e a sinistra, oltre i partiti, adesso Conte spera di salvare il risultato con il civico ed ex ministro Gaetano Manfredi, un tecnico più vicino ai dem che ai pentastellati, e con Matteo Lepore, candidato di sinistra doc. Nelle altre tre grandi città al voto, l'ex premier si è mosso con circospezione. Tra l'obbligo di spendersi per gli aspiranti sindaci stellati e la necessità di non disturbare gli alleati-avversari, indispensabili per realizzare il sogno di tornare a Palazzo Chigi da federatore di una coalizione Pd-M5s. Conte ripartirà da Napoli, dove i Cinque Stelle possono essere primo partito. Ma da martedì dovrà fare i conti con l'atteggiamento da tenere ai ballottaggi. Al Nazareno attendono un segnale. Proibitivo l'apparentamento ufficiale, la speranza di Enrico Letta è che l'avvocato sciolga comunque le riserve, dando l'indicazione di voto per i candidati del Pd. Il presidente del M5s dovrà calibrare una dichiarazione che accontenti i partner di centrosinistra e allo stesso tempo eviti l'implosione del suo partito, che in tanti contesti locali è ostile ai dem. Tutt' intorno le macerie. Nel 2016 il M5s presentò le sue liste in 251 comuni, in questa tornata il simbolo compare in «circa 150 comuni», come ha spiegato Conte. Per rendersi conto dei cambiamenti bastava osservare la chiusura della campagna elettorale a Roma. Venerdì sera Grillo si è palesato solo al telefono. «Virginia, se perderai non sparirai», le parole di resa del Garante all'eroina grillina di cinque anni fa. Movimento lento. / Domenico Di Sanzo

Renzi e Calenda sperano nel flop dei giallorossi

Matteo Renzi e Carlo Calenda sognano il flop dell'asse Conte-Letta. Obiettivo dichiarato dei due leader è il naufragio alle comunali della coalizione Pd-Cinque stelle. Calenda ci prova a Roma: il capo di Azione con la sua corsa solitaria tenterà di insidiare Roberto Gualtieri che spera di arrivare al ballottaggio contro Enrico Michetti per riportare al tavolo Virginia Raggi. Una partita di scacchi che si gioca all'interno dello stesso fronte di centro-sinistra. Renzi parte con l'handicap: il suo partito, Italia Viva, si presenta con il simbolo in poche città. A Napoli i renziani scendono in campo sotto la bandiera dei fuoriusciti da Fi. Calenda e Renzi sperano in un pareggio tra centrodestra e centrosinistra. In modo da ritagliarsi il ruolo di ago della bilancia negli equilibri politici. La partita di Renzi e Calenda si gioca però sul piano nazionale: proporzionale e coalizione Draghi. I due leader centristi proveranno a portare al tavolo anche Mara Carfagna e Giovanni Toti.

L'obiettivo è la nascita di forte polo centrista che spinga il governo Draghi per altri 5 anni. Ma c'è un ostacolo da superare: la legge elettorale. Senza il ritorno al proporzionale puro l'operazione di Renzi e Calenda non ha chance. Ecco dunque che l'ex presidente e l'ex ministro dello Sviluppo economico tifano per pareggio. In alternativa c'è l'ipotesi che siano i ballottaggi a decidere le sorti nelle città di Roma, Milano, Torino, Bologna e Napoli. Spazzare con il voto di oggi e domani il patto Meloni-Letta per il ritorno al bipolarismo. Una buona affermazione di Calenda a Roma accelererebbe i progetti centristi. Dimostrerebbe, in fondo, la richiesta da parte degli elettori di una casa per i moderati. Che poi aprirebbe la strada per il ritorno al proporzionale. Hanno una sola strada per vincere la loro partita: sabotare l'alleanza Letta-Conte e Meloni-Salvini. Dovranno neutralizzare la spinta verso il voto utile che spazzerebbe via i sogni della coppia Calenda-Renzi. / Pasquale Napolitano

La centralità di Berlusconi elogiato dai leader esteri

In dote a questa tornata elettorale Silvio Berluconi porta la ritrovata centralità dell'agone politico. E soprattutto le attestazioni di stima che gli sono arrivati in occasione del suo compleanno da tutti i protagonisti della scena internazionale. A iniziare da Angela Merkel («Il tuo contributo è stato essenziale per l'Italia») fino al premier ungherese Orban e all'ex presidente russo Medvedev. L'Europa e il ruolo del Ppe all'interno dello scacchiere internazionale sono le nuove leve sulle quali Forza Italia sta puntando per rilanciare i grandi valori del liberismo e del riformismo. Lo stesso Berlusconi - che questa mattina voterà a Milano al seggio di via Ruffini - in una recente intervista ha sottolineato che non bisogna commettere l'errore di giudicare la politica nazionale sulla base dei risultati delle amministrative. È un fatto, però, che il centrodestra moderato risulta un asse portante della coalizione. Gli alleati leghisti e meloniani sono nel mirino di campagne mediatiche che sottolineano debolezze e limiti proprio del sovranismo che rappresentano, ognuno con la propria sensibilità.

Forza Italia come ha ripetuto lo stesso Berlusconi è un fattore determinante per il futuro di questa coalizione. «Senza noi e le nostre idee - continua a ripetere - non esisterebbe un centrodestra vincente e di governo né nelle città, né a livello nazionale». Le sfide nei sei grandi capoluoghi sono impegnative ma non spaventano i candidati scelti dalla coalizione. La collegialità delle scelte servirà, se non altro, per condividere le responsabilità. In Calabria, invece, a correre per la poltrona di governatore è Roberto Occhiuto, capogruppo alla Camera di Forza Italia. Una scelta importante, questa, per dare continuità al lavoro iniziato da Jole Santelli, prematuramente scomparsa nell'ottobre del 2020 a nove mesi dalla sua elezione. Al netto del voto in Calabria, per Forza Italia le amministrative sono un test importante ma non vitale. È bastata la campagna elettorale, fanno sapere, per evidenziare la tenuta della coalizione e la capacità di fare squadra. / Pier Francesco Borgia.

La paura di "bucare" il 20%. Test al Nord e derby con FdI

La Lega è sotto attacco, il partito è in subbuglio come non accadeva da tempo. Un risultato deludente alimenterebbe i contrasti sulla linea di Salvini e aprirebbe la stagione dei congressi. I fronti da osservare sono tre. Primo, il risultato della Lega nelle città, soprattutto quelle del nord, Milano -, dove Salvini non si è candidato, per la prima volta in trent' anni - Torino, Trieste, Bologna, Varese, Novara (ma, certo, anche Roma ha un peso). Sia in termini percentuali, sia nel numero di sindaci che riuscirà a strappare (o perdere). Il numero «caldo» a via Bellerio è il 20, inteso come 20%. Se la Lega riuscirà a stare sopra quella soglia, come media nei comuni sarà andata bene, se andrà sotto saranno problemi e si inizierà a parlare di crisi (l'asticella, dopo il 34% delle europee 2019, è diventata altissima).

I candidati sindaco leghisti sono diversi, alcuni in città simbolo per il Carroccio come Varese dove è in corsa il deputato Matteo Luigi Bianchi (costretto a far partire la campagna solo a fine giugno dopo la rinuncia di Maroni), ma poi anche a Novara, Rimini, Ravenna. Tra le metropoli l'unico considerato in quota Lega è Paolo Damilano, a Torino. La sua vittoria (data per probabile) potrebbe rappresentare un contrappeso importante per Salvini. Altri sono al sud, come il leghista Giampiero Zinzi, candidato sindaco a Caserta sostenuto da tutto il centrodestra. E proprio il risultato della Lega al centrosud (da Latina ai comuni al voto in Calabri e Sicilia, terre di neoleghisti) sarà il secondo elemento da tenere d'occhio, per saggiare la riuscita della Lega nazionale e tacitare quel pezzo di Lega (i veneti soprattutto) che lo giudica un errore e chiede il ritorno alle vecchie battaglie nordiste. Terzo elemento da monitorare: la competizione interna con la Meloni. Salvini ripete sempre che «i miei avversari sono a sinistra», ma per un partito che si chiama «Lega-Salvini Premier» è chiaro che la supremazia di voti nella coalizione (e quindi nelle aspirazioni di premiership) riveste la sua importanza. Un sorpasso di Fdi, soprattutto nella Milano di Salvini, sarebbe uno smacco. Ma le comuni vicissitudini degli ultimi giorni (caso Morisi e anime nere in Fdi) li hanno riavvicinati. / Paolo Bracalini

La scommessa della Meloni per diventare primo partito

Una irresistibile ascesa proseguita per molti mesi, il testa a testa nei sondaggi con Matteo Salvini, una fotografia del consenso che ha visto Fratelli d'Italia toccare quota 21% e diventare - sia pure virtualmente - il primo partito d'Italia. Ma anche le difficoltà nel calibrare il messaggio rispetto a vaccini e Green Pass, le periodiche, fisiologiche tensioni con gli alleati di centrodestra a causa della collocazione all'opposizione del governo Draghi, il caso Fanpage a riaccendere l'eterna questione della vicinanza con gli ambienti della destra estrema. Giorgia Meloni si avvicina alle elezioni amministrative di oggi e domani con qualche preoccupazione per un passaggio che potrebbe appannare almeno in parte la grande cavalcata degli ultimi mesi. C'è un derby con la Lega che si gioca sui numeri a livello nazionale, c'è il test romano dove Enrico Michetti, candidato voluto soprattutto da Fratelli d'Italia, si sottoporrà alla prova degli elettori, c'è la curiosità per il risultato milanese dove il partito erede della destra italiana si è giocato un jolly importante schierando Vittorio Feltri come capolista.

Tutti nel centrodestra sono consapevoli che la prova delle grandi città è da sempre un test ad alto rischio e anche se la coalizione è vicina al 47% si tratta di un consenso che si concentra nelle province. È chiaro però che nessuno se la sente di avallare una condanna preventiva alla sconfitta e può pensare di essere al di sopra di eventuali critiche in caso di risultato non soddisfacente. C'è poi l'impressione di essere finiti nel mirino mediatico-giudiziario. «La video-inchiesta di Fanpage è una polpetta avvelenata a pochi giorni dal voto» dice Giorgia Meloni.

«Tre anni di lavoro per mandare 10 minuti di video in onda nell'ultimo giorno di campagna elettorale per stare sulle prime pagine nel giorno di silenzio elettorale in uno stato di diritto non accadrebbe. Continuo a chiedere di fornirmi tutte le 100 ore di girato, non mi posso fidare ciecamente di quello che viene cucito su un video di 10 minuti». / Fabrizio de Feo

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