Al netto degli annunci trionfali e della retorica sull'accordo storico raggiunto alla Cop28, la dichiarazione finale della Conferenza sui cambiamenti climatici a Dubai lascia non pochi dubbi e perplessità. La sensazione è quella di un accordo che nei fatti scontenta e al tempo stesso accontenta un po' tutti e nessuno a partire dal passaggio più discusso sullo stop ai combustibili fossili. Se è vero che per la prima volta sono citati in una dichiarazione finale alla Cop, è altresì vero che non si parla di «phase out» (eliminazione) ma di «transition away», ovvero di «fuoriuscire» dai fossili. Per quanto possa sembrare una distinzione terminologica è in realtà una differenza di approccio importante, così come il riferimento ai «combustibili di transizione». Si tratta di una evidente concessione ai Paesi produttori di fossili che però non spiega quali siano questi combustibili ed è possibile che il gas possa rientrare nella categoria.
C'è poi un tema economico; nel testo si legge che «il fabbisogno finanziario per l'adattamento dei Paesi in via di sviluppo è stimato in 215-387 miliardi di dollari all'anno fino al 2030» e che «è necessario investire circa 4,3mila miliardi di dollari all'anno in energia pulita fino al 2030, aumentando poi a 5mila miliardi di dollari all'anno fino al 2050, per poter raggiungere le emissioni nette zero entro il 2050». Si tratta di cifre enormi che non sono nelle disponibilità dei Paesi in via di sviluppo, sorge perciò spontaneo domandarsi: chi paga? Davvero il costo della transizione ecologica può essere solo sulle spalle dell'Occidente e dell'Europa? A destare ancor più perplessità è la data del 2050 per ottenere le emissioni nette zero e per raggiungere l'obiettivo della fuoriuscita dai fossili. L'Agenzia internazionale dell'energia nel report «World Energy Outlook 2002» traccia tre scenari: lo scenario delle politiche dichiarate (Stated Policies Scenari STEPS), lo scenario degli impegni annunciati (Announced Pledges Scenario APS) e infine lo scenario emissioni nette zero (NZE) entro il 2050.
In tal senso si legge nel report: «La quota di combustibili fossili nel mix energetico globale è rimasta alta (intorno all'80%) per decenni. Entro il 2030, nello scenario STEPS, tale quota scenderà al di sotto del 75% e a poco più del 60% entro il 2050». Anche ipotizzando un impegno più consistente di tutte le nazioni del mondo, sarà impossibile eliminare le fonti fossili nei prossimi decenni perché bisogna fare i conti con la realtà. Non solo la percentuale del fabbisogno energetico globale è ancora per stragrande maggioranza dipendente dai fossili ma, secondo l'Agenzia Statistica e Analitica EIA, «il consumo mondiale di energia crescerà del quasi 50% entro il 2050». Questo incremento nella richiesta di energia arriverà in prevalenza dai paesi in via di sviluppo poiché la crescita dell'economia coincide con la necessità di più energia da utilizzare. Diventa perciò lecito chiedersi dove e come il mondo prenderà tutta l'energia di cui ha bisogno se si deciderà di fare a meno delle fonti fossili.
Le sole rinnovabili infatti non saranno sufficienti soprattutto se non si farà uso del nucleare. Ancora una volta bisognerà perciò fare i conti con la realtà e non ci libereremo tanto presto dei fossili al netto di quanto scritto nella dichiarazione della Cop28.
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