Prendere il controllo del M5s, tornare al governo o accomodarsi all'opposizione sulla poltrona di prestigio di presidente della Camera. Mentre i pentastellati litigano per un posto al sole nella segreteria politica dell'ex avvocato del popolo italiano, lui, Giuseppe Conte, prende tempo sulle nomine e guarda avanti con ambizione. Il professore di diritto ha cominciato a bussare a tutte le porte. L'orizzonte, spifferano ai piani alti del Movimento, è sempre lo stesso. La primavera del 2022, quando il leader Cinque Stelle vorrebbe andare al voto anticipato. L'ex premier cerca sponde e continua a puntare sul nome di Mario Draghi al Quirinale. Uno scenario che renderebbe agevole l'opzione delle elezioni politiche a un anno dalla scadenza naturale della legislatura. Il rifondatore grillino tesse la tela del «partito del voto». Dal punto di vista interno lo fa perché si è reso conto di non riuscire a governare i gruppi parlamentari stellati. Una truppa numerosissima, frutto del boom delle politiche del 2018. Formata da una pattuglia contiana in assottigliamento, da uno zoccolo duro di circa un terzo di deputati e senatori fedele a Luigi Di Maio e da una vasta zona grigia di peones riluttanti a versare le restituzioni e ansiosi di staccare il biglietto per la pensione da parlamentare. Le elezioni anticipate consentirebbero a Conte di fare le liste dalla posizione di leader. «Inserirà tantissimi esterni pescati fuori dal M5s», riflettono i parlamentari più esperti. Un repulisti da mettere a punto in tempi relativamente brevi, prima che il dualismo con Virginia Raggi e i dubbi di Beppe Grillo logorino la sua leadership già vacillante.
La tentazione del voto nel 2022 non è soltanto legata a ragioni interne. L'avvocato di Volturara Appula è ambizioso e vuole ritagliarsi un ruolo istituzionale di primo piano nella prossima legislatura. Un gioco di sponde per andare a elezioni gli aprirebbe dei varchi per un ritorno nei Palazzi che contano. Ed ecco i contatti «con emissari di Enrico Letta» e gli abboccamenti con uomini vicini a Matteo Salvini. Partiamo dal Pd. Conte vuole sfruttare la voglia di Letta di controllare il suo partito attraverso la composizione delle liste delle politiche. Oltre a questo, è convinto che l'onda lunga dei risultati delle amministrative possa spingere il segretario verso le urne. Complice il calo dei consensi del M5s, Conte ha messo da parte il sogno di tornare a Palazzo Chigi da federatore. Ora il presidente grillino spera in un posto da ministro in un eventuale governo guidato dal Pd.
Dal Nazareno si arriva al Carroccio. Anche Salvini - ragionano nel M5s - ha buoni motivi per misurarsi con gli elettori. E il logoramento del Capitano leghista in maggioranza con Draghi potrebbe essere un'altra carta nel mazzo di Conte. Da qui i contatti con i salviniani per la partita del Quirinale e il voto anticipato. Quindi lo scenario più probabile del precedente: una vittoria del centrodestra. «Conte preferirebbe andare all'opposizione e puntare a fare il presidente della Camera anziché non contare nulla in questo governo», malignano alcuni pentastellati.
Se si realizzasse quest'ultimo sogno, tornerebbe in voga la vecchia prassi di assegnare un ruolo di garanzia come la terza carica dello Stato a un esponente dell'opposizione. Unica pecca: Conte dovrebbe lasciare la guida del M5s. Ma, una volta riempito il gruppo parlamentare di contiani, quello sarebbe l'ultimo dei problemi.
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