
Lo sguardo provato, i naselli per respirare, la mobilità limitata, la voce quasi assente. Ma Papa Francesco ce l'ha fatta. Porta addosso i segni di un allettamento durato 38 giorni, di due episodi in cui è realmente stato in pericolo di vita e di tutta la lotta che il suo fisico da 88enne ha sopportato e onorato dal 14 febbario fino a ieri.
Però dietro a quegli occhi un po' emaciati, la scintilla c'è ancora, la voglia di accennare un sorriso anche. Questo suo spirito implacabile rincuora i fedeli e allo stesso tempo terrorizza i medici che non sanno come «legarlo al letto» in questi due mesi di convalescenza che lo aspettano a casa.
Sergio Alfieri, medico del Gemelli, lo ha detto chiaramente: questi due mesi saranno cruciali per il recupero. E sono due, come ha voluto enfatizzare facendo segno con la mano alla stampa radunata per l'ultimo pseudo-bollettino medico.
Il Papa ora dovrà seguire una stretta riabilitazione per riprendere a respirare in piena autonomia e per recuperare la parola. E ci vorrà pazienza, non potrà strafare. Lui scalpita, dice lo staff medico, ma verrà controllato a vista e assistito nella residenza di Santa Marta come avverrebbe in ospedale, compreso l'aiuto dell'ossigenazione. «Si tratta di una dimissione protetta - spiega Luigi Carbone, medico referente del Papa in Vaticano - che richiede convalescenza». Ogni giorno dovrà fare esercizi per respirare, per «ammorbidire» le corde vocali e per riprendere il tono muscolare perso. Un passo alla volta, recupererà le forze, perse a causa dell'infezione bilaterale ai polmoni e degli antibiotici e anche a causa del lungo periodo trascorso tra letto e poltrona nella sua stanza al Gemelli.
Nessun accorgimento particolare per il pontefice se non le raccomandazioni fortissime di limitare il più possibile le visite per evitare
il contatto con batteri pericolosi. Il suo fisico deve ancora smaltire completamente i batteri che gli hanno provocato la polmonite bilaterale, sarebbe impensabile far fronte a una nuova infezione, è ancora troppo debole.
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