Ha salutato gli amici con il solito mantra dei base jumpers: «Ci vediamo giù». Poi il conto alla rovescia: Three, two, one, pace. Il countdown, però, stavolta lo ha portato alla morte. Un balzo dai 2911 metri del piz da Lech, il volo sulla val di Mezdi, strettissima con le sue guglie e un pavimento di ghiaia friabile delle Dolomiti.
È morto così, guardando e volando fra i cieli dell'Alta Badia, Raian Kamel, 36 anni, originario di Breno nel bresciano, ma residente a Cinisello Balsamo. Una triennale in ingegneria al Politecnico di Milano, la sua «laurea» come base jumper e pilota di tuta alare lo aveva portato negli anni a diventare esperto film maker di adrenalina e voli impossibili. Su youtube i suoi video tolgono il fiato: scala, fa vie ferrate, per arrivare sulle cime e lanciarsi. Come fece sull'Eiger, mostro sacro dell'Oberland bernese. Una volta in cima, ai colleghi dice: «Vado io per primo, vi dispiace?». Un passo nel vuoto e giù fino a 210 km l'ora. Da queste corde dei Monti Pallidi si era già lanciato 2 anni fa, ma ieri, quando nel prato di Colfosco, dove lo aspettavano in planata con il paracadute, i minuti han cominciato a scorrere troppo abbondanti, i cinque amici che lo accompagnavano, hanno capito subito e avvertito i soccorsi. L'elicottero del Aiut Alpin Dolomites ha individuato il corpo lassù in una forra a 2400 metri, dove non arrivano i sentieri. Morto senza scampo, senza accorgersene. I suoi numerosi follower gli tributano gli onori di chi ha osato, come un Icaro moderno, inseguire una passione, ma il base jumping resta uno sport per pochi e dall'altissima fatalità se è vero che su 3mila praticanti attivi, quasi 500 sono morti. Il balzo dal pic la Lech sta diventando uno degli «exit» - i punti di stacco -, più popolari. Qui, però, sono già morti nel 2020 un altro lombardo, Simone Rizzi, di Seveso e un finlandese l'estate scorsa. Quattro giorni fa, in Trentino un 33enne francese ha rischiato l'osso del collo, schiantandosi sui boschi di Dro. Era partito dal Becco dell'aquila, al momento il punto di lancio più di moda in Italia: lo scorso anno, all'ennesimo schianto, si era pensato di introdurre un vademecum. Ma nell'aria tutto si perde. In Alto Adige era popolare il giovane Uli Emanuele: morì nel 2016 saltando il celebre balzo di Lauterbrunnen in Svizzera.
Il padre di ogni volo, però, potrebbe essere, oggi, un arzillo 65 anni, ma il nobile francese Patrick De Gayardon, pioniere della tuta alare negli anni 90, preferì saltare da un aereo alle Hawaii dove aveva contribuito a studiare una nuova tutai. Morì a 38 anni e divenne leggenda.
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