La guerra potrebbe terminare presto, ma la pace resta lontana. Giampiero Massolo, presidente dell'Ispi, ex segretario generale del ministero degli Esteri, uno degli analisti italiani più autorevoli, non si fa illusioni: «Speriamo arrivi il cessate il fuoco».
La fine delle ostilità?
«Fine è purtroppo una parola grossa. Devo stare a quel che vedo sul campo, ma come tutti auspico la conclusione di questa carneficina».
E il campo cosa suggerisce?
«Siamo in una situazione di stallo. Però i russi sono ancora convinti di poter ottenere altri successi, insomma sperano di consolidare la loro presenza nel Donbass e vogliono completare, diciamo così, il corridoio che scende fino alla Crimea».
Ma le truppe di Putin non hanno allentato la pressione su Kiev?
«Non sappiamo se si tratti di una ritirata definitiva o solo di una pausa prima di tornare a colpire».
La data del 9 maggio può essere decisiva per far tacere le armi?
«Quella data è uscita da comunicazioni interne alla macchina da guerra russa: c'è chi sostiene che Putin si fermerà entro quel giorno, ma dobbiamo anche pensare che quel riferimento sia circolato per incoraggiare e spronare i soldati demoralizzati».
Quindi come se ne esce?
«L'aspetto decisivo è che i russi prendano atto di questo stallo. Finché il vertice, Putin e solo lui, pensa di poter avanzare, anche di poco, c'è il rischio di un prolungamento delle operazioni belliche. Mi auguro che questa consapevolezza affiori e porti il Cremlino a fermare questa strage. Peraltro sappiamo che i negoziati dipendono anche dalla fotografia scattata sul terreno».
È la logica del fatto compiuto?
«È la logica della guerra: se vinci tratti da una posizione di forza e Mosca cerca in tutti i modi di avanzare».
I negoziati a che punto sono?
«Al momento direi che siamo al negoziato sul negoziato».
Anche qui il traguardo è lontano?
«Si sta srotolando la lista dei punti più che i loro contenuti. Ad esempio si parla di neutralità ma la neutralità non è una parola vuota, va riempita».
D'accordo, ma come?
«Non lo sappiamo ancora. C'è chi pensa che la neutralità si porti dietro il disarmo, ma questo è un falso clamoroso. La Svezia è un paese neutrale, ma lo è per una scelta politica, il Paese dispone di un ottimo apparato militare e fa pure parte della Ue».
Si evoca il modello austriaco.
«Che è diverso, perché la neutralità è scolpita nella Costituzione. Dobbiamo capire come verrà declinato questo concetto e come si risolverà il problema degli armamenti. C'è poi il tema assai complesso dei territori».
Ritiene plausibile che Putin possa restituire la Crimea?
«Gli ucraini propongono di diluire nel tempo una possibile soluzione, i russi non vogliono sentir parlare di passi indietro. E questo vale anche per il Donbass».
Si troverà una soluzione?
«Io procederei per passi successivi. Anzitutto, un cessate il fuoco, un risultato minimo ma concreto, da raggiungere nelle prossime settimane. Poi i negoziati entreranno nel vivo, mettendo sul tavolo della trattativa la foto della battaglia».
Per un accordo ci vorrà tempo?
«Prevedo un periodo lungo in cui le delegazioni tratteranno e il conflitto resterà semicongelato. Una situazione di precarietà, forse di guerriglia ma comunque di instabilità nelle aree sotto il controllo russo. Uno scenario che potrebbe cristallizzarsi mentre si discute e si litiga».
Un contesto non incoraggiante.
«Inutile inseguire i sogni».
L'Italia potrebbe far parte dei Paesi garanti. Andremo in guerra, se la Russia violerà la fragile tregua?
«Questo chiedono comprensibilmente gli ucraini, ma il punto, delicatissimo, dev'essere negoziato. Io non credo proprio che Mosca potrà mai accettare una clausola del genere, una sorta di articolo 5 del trattato Nato, condiviso da una decina di Paesi fra cui il nostro».
Con lo stop alle bombe vanno cancellate anche le sanzioni?
«Desideriamo che siano tolte in fretta, ma non in modo
affrettato. Ricordiamoci che noi difendiamo l'Ucraina, ma anche l'Occidente, ovvero noi stessi. Un vittoria di Putin su tutta la linea significherebbe un ritorno al passato peggiore: quello di Yalta e della Guerra fredda».
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