Siamo il Paese dei musei d'oro (ma non facciamoci abbagliare)

Il ministro Franceschini fornisce i dati 2017 dei visitatori: 50 milioni. Il balzo? Sono cambiati i metodi di rilevazione

Siamo il Paese dei musei d'oro (ma non facciamoci abbagliare)

La campagna elettorale è iniziata, e iniziano i perepepè dei politici. Anche Dario Franceschini, a cui dobbiamo riconoscere un profilo istituzionale compassato, termina il mandato con un acuto. I dati che porta a sostegno della propria riforma sui musei sono eclatanti. Una riforma che di fatto prosegue, nel segno della valorizzazione, quanto iniziato a partire dal 2009 con Mario Resca direttore generale del Mibact a cui si deve riconoscere il merito, o la sfortuna, di essersi preso tutti gli strali dell'intellighenzia di sinistra, cosa che in parte è stata risparmiata a Franceschini.

Le cifre «strabilianti» riportano un aumento record di 5 milioni di visitatori, mai registrato in termini così ampi nell'arco di un solo anno da quando esistono le statistiche del Mibact. I visitatori dei musei nel 2017 sono stati 50 milioni (+31%), gli introiti lordi quasi 200 milioni (+53%). A stimolare la crescita l'ottimo risultato di Lazio (+13,44%) e Campania (+10,66), anche in termini assoluti (circa 3,2 milioni di visitatori in più dell'anno precedente). Lusinghieri soprattutto se letti in percentuale i dati di Puglia (+19% con 120mila visitatori in più), Liguria (+25% con 50mila visitatori in più) e Friuli Venezia Giulia (+15% con 200mila visitatori in più). Tra i 5 luoghi della cultura statali più visitati d'Italia si piazzano il Colosseo (7 milioni di visitatori, +10%), Pompei (3,4 milioni, +7%), gli Uffizi (2,2 milioni, +10%), la Galleria dell'Accademia di Firenze (1,6 milioni, +11%) e Castel Sant'Angelo (1,1 milioni, -6%). Nella top 30 i tassi di crescita più sostenuti sono stati registrati da Palazzo Pitti (+23%) e da quattro siti campani: la Reggia di Caserta (+23%), Ercolano (+17%), il Museo archeologico di Napoli (+16%) e Paestum (+15%). A seguire i Musei reali di Torino (+15%) e il Castello di Miramare di Trieste (+14%). Importante infine segnalare la crescita in classifica della Pinacoteca di Brera (+7 posizioni), di Palazzo Pitti (+5 posizioni) dei Musei reali di Torino (+4 posizioni) e l'ingresso in classifica, per la prima volta, di Villa Adriana e del Museo di Capodimonte.

I dati dimostrerebbero, a sostegno della riforma Franceschini, che gli incrementi maggiori sono quelli degli istituti resi autonomi: con 27 milioni di visitatori, questi luoghi della cultura hanno accolto più della metà dei visitatori complessivi. Le percentuali di crescita più elevate sono state registrate dalla Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea (+54% di visitatori, nell'ultimo anno), dalla Reggia di Caserta (+23%), dalle Gallerie nazionali di arte antica di Roma (+17%), da Capodimonte (+16%) e dal Palazzo Reale di Genova (+14%).

Poiché i dati 2017 verranno pubblicati integralmente a maggio, si può fare un'analisi seria solo comparando quelli del quadriennio 2013/2016 relativi al governo di Sinistra (Letta, Renzi, Gentiloni) di cui dal 2014 Franceschini è ministro: 2013 visitatori 38,4 milioni e incassi 124,4 milioni di euro, 2016 visitatori 45,3 milioni per 173 milioni di incassi. Una crescita strabiliante, a suon di milioni di visitatori e di euro. Ma andiamo ad analizzare la crescita di questi 4 anni facendo riferimento ai numeri completi pubblicati online dal Ministero. Innanzitutto possiamo notare che dal 1996, primo anno di pubblicazione delle statistiche, i visitatori sono aumentati in modo più o meno costante e così i ricavi. Da 25 milioni di visitatori e 52 milioni di introiti del 1996, fino ai 45 milioni di visitatori e 173 milioni di introiti del 2016. I visitatori a pagamento sono aumentati di 11 milioni, quelli gratis di 9 milioni. In totale 20 milioni di visitatori in più. Vuoi anche perché gli istituti conteggiati sono aumentati da 333 a 453. Di fatto, tutti i governi di questi ultimi 20 anni, in un modo o nell'altro, hanno potuto vantarsi dei risultati ottenuti.

A guardare la serie, appare incredibile solo una flessione: dai 41,2 milioni visitatori del 2011 ai 37,2 del 2012: quasi 4 milioni di visitatori in meno tra quelli gratuiti. Possibile? Che anche gratis sotto la spinta nefasta del governo Monti gli italiani avessero evitato i beni culturali? Il busillis è presto sciolto: il parco del castello di Miramare di Trieste aveva perso in un anno oltre 2 milioni di visitatori, passando dai costanti 3,5 milioni all'anno ad appena 1,1. Non che fossero morti i triestini, semplicemente era cambiato il metodo di conteggio degli ingressi gratuiti. Ed è su questo punto, sui visitatori gratuiti, che spesso si gioca «sporco». Oppure sui nuovi istituti. Nel 2011, per esempio, è stata inserita in conteggio, a corroborare le statistiche, Venaria Reale, un consorzio gestito non direttamente dal ministero: 850mila visitatori in più di colpo, oggi quasi 1 milione. Dal 2010, poi, è cambiato il sistema di rilevazione del Pantheon di Roma. Le statistiche di affluenza relative a questo luogo sublime sono indicative. Nel 1996 il Pantheon vantava un milione e 100mila visitatori. Dopo più di dieci anni, nel 2009, arrivava a un milione e 700mila. Tutto sommato un aumento significativo, ma credibile. Nel 2010, cambiando il sistema di conteggio, i visitatori sono esplosi di colpo a 4,7 milioni. E sia. Ma la cosa più strana e che da allora i visitatori non paganti sono aumentati con una progressione incredibile. Nel quadriennio caro a Franceschini (2012/2016), da 6,4 milioni nel 2012 a 7,4 milioni nel 2015, a 8milioni nel 2016. Tanto per dire, l'aumento di un milione dei visitatori degli istituti gratuiti vantato dal ministro nel 2015 è paro-paro l'aumento dei visitatori del Pantheon.

Dal 2015 si è inoltre cominciato a conteggiare anche i visitatori del «Vittoriano», in base all'utilizzo dell'ascensore per salire sulla terrazza panoramica del monumento: ebbene nel 2015 i visitatori sono stati 430mila, 450mila nel 2016.

Cioè se non ci fosse stato il giochino dell'ascensore, i visitatori degli istituti gratuiti nel 2015 sarebbe addirittura diminuiti di 400mila. E anche nel 2016, senza le nuove misurazioni, ci sarebbe per gli istituti gratuiti un segno negativo più di quanto appare (13,4 milioni nel 2015, 13 milioni nel 2016). Con buona pace dei trionfalismi.

AngCre

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