Il professor Giulio Sapelli sarebbe potuto diventare premier al posto di Giuseppe Conte durante la fase gialloverde. Lo ha scritto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio nel suo "Un amore chiamato politica", che è edito da Piemme. Il rapporto tra l'economista ed accademico ed i grillini, però, non è stato proprio idilliaco. Tra il momento istituzionale vissuto dall'Italia e lo scenario geopolitico internazionale, l'uomo che avrebbe potuto risiedere a Palazzo Chigi all'epoca dell'alleanza tra Lega e MoVimento 5 Stelle rivela, attraverso questa intervista, come sono andate davvero le cose.
Professor Sapelli, siamo allo spartiacque istituzionale. Toccare l'equilibrio odierno sembra complesso. Lei ha scritto un libro che si intitola "Draghi o il caos"...
"Sì: Draghi o il caos. Però dobbiamo trovare una via d'uscita. Io credo che quella più praticabile sia quella di ridare dignità alle istituzioni. Come si diceva una volta: "istituzionalizzare le istituzioni", cioè affidargli il ruolo previsto. Lei sa che questo "ruolo" ha subito un vulnus istituzionale con il mandato a termine affidato a Giorgio Napolitano. Un evento di cui non abbiamo calcolato il discredito al livello internazionale. Qualcosa di cui abbiamo pagato prezzi e per cui continuiamo a pagare ancora".
Abbiamo creato un precedente pericoloso?
"Pericolosissimo. Non a caso il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sottolineato l'impostazione di Leone su un solo mandato. Abbiamo calpestato la Costituzione. Ma questo si fa in Bolivia. Com'è stato possibile fare una cosa simile?"
Napolitano è stato un presidente atipico...
"I francesi parlerebbero di regalismo".
E ora?
"Ora si tratta di tornare alla normalità. Dobbiamo eleggere un presidente che metta insieme gli Stati Uniti e l'Europa. il presidente della Repubblica in carica ha dichiarato che non si sottoporrà ad un nuovo mandato. L'evento più significativo, sotto il profilo intellettuale, è il tributo al presidente Leone. A differenza di quello che pensavo un tempo, credo che, pure per congiunture internazionali, molti elementi suggeriscano che sia Mario Draghi a dover salire al Colle. Si tratta di mettere assieme le volontà nordamericane e le volontà dei francesi. Un accordo italo-francese - per intenderci - è l'unico che può normalizzare il Nord Africa. Dobbiamo finirla con le schermaglie. Bisogna uscire allo scoperto e fare diplomazia, ma questo è un altro discorso".
Un discorso che verte sul multilateralismo, l'atlantismo e così via...
"Io sono per una linea diplomatica neo-kissingeriana. Il multilateralismo si scontrerà con la realtà. Tutti questi mega-accordi che uniscono centinaia di Paesi tutti assieme.... . I trattati che funzionano sono il frutto di un lavorio diplomatico che crea dei concerti tra le nazioni, che sono avvicinate da una comunanza d'interessi o dalla necessità di avere degli obiettivi comuni. La parola multilateralismo non ha senso nella scelta diplomatica. Si devono fare dei trattati che perseguano gli interessi prevalenti delle singole nazioni. Naturalmente, tutto questo è vero nel contesto di un'egemonia: oggi è interesse di tutto il mondo che l'egemonia resti nordamericana. Io sono convinto che, per almeno un secolo, gli Stati Uniti continueranno ad essere egemoni e che la Cina stia per entrare in una crisi irrisolvibile".
Perché?
"Non ce la fa più. Lo sforzo militare che sta facendo la sta distruggendo, come dimostra il crollo di tutte le attività immobiliari. Ci sono decine di città programmate per venti milioni di abitanti che attualmente sono vuote. Si tratta di un capitalismo monopolistico di Stato, oltre che terroristico. Xi Jingping non è Deng Xioping, ma un nuovo Mao che va dritto verso la guerra nucleare. Mentre il mondo discute sul clima, nazioni come Pakistan e Cina si stanno riarmando con il nucleare. La questione di Taiwan è delicatissima: se scoppia un incidente in quel caso, può scoppiare un incidente nucleare. Altro che Co2".
Il ministro Luigi Di Maio, nel suo libro, sostiene che lei sarebbe dovuto divenire premier al posto di Conte ma che si sia bruciato con un'intervista...
(Sapelli ride in maniera fragorosa)
Com'è andata quella volta?
"Io sono andato da Di Maio perché invitato dal mio ex allievo Matteo Salvini e dall'onorevole Giancarlo Giorgetti. Sono andato lì con delle posizioni molto chiare. Ho anche comunicato chi avrei voluto come ministro del Tesoro, ma non svelo chi sarebbe stato. I grillini, dopo due ore, si misero a urlare "onestà, onestà, onestà". A quel punto, gli ho detto: "Siete dei pazzi lombrosiani". E me ne sono andato. Poi sì, è vero, il giorno dopo mi fecero un'intervista.
Io sono un vecchio piemontese: mi chiesero di fare un tentativo affinché Di Maio non facesse il primo ministro. Pensi però alla forza delle istituzioni: Di Maio ora legge bene quello che gli preparano, indossa sempre la cravatta... . La forza della democrazia parlamentare è immensa!".
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