Il governo vuole ridurre la pressione fiscale, ma i sindacati sentono puzza di bruciato e si mettono subito di traverso: sul fisco è già scontro. È iniziato ieri con Cgil, Cisl, Uil e le altre sigle sindacali il giro di consultazioni sulla riforma annunciata nei giorni scorsi dal ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti e dal suo vice Maurizio Leo, oggi toccherà ad altre pari sociali e alle associazioni di categoria sedersi al tavolo, nel quale ci sarà anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Il governo si prepara a portare il disegno di legge delega domani in Consiglio dei ministri.
Lo scenario è quello già ampiamente annunciato dal Giornale: un provvedimento che opererà a 360 gradi, dalla riduzione delle aliquote Irpef da quattro a tre, con benefici soprattutto per la fascia di reddito 28-50mila euro. Il tesoretto per una riforma che dovrebbe essere a saldo zero va trovato disboscando la giungla delle 600 tax expenditures, deduzioni e detrazioni (170 si riferiscono alla sola Irpef), necessità che sottolinea anche Ernesto Maria Ruffini, direttore dell'Agenzia delle Entrate, «anche per correggere le principali anomalie». E poi si faranno interventi su tutti gli altri tributi (Irap, Ires, Iva, tributi doganali, accise) con l'obiettivo di una equità orizzontale tra pensionati e dipendenti, risparmiatori e investitori e l'introduzione di una flat tax progressiva. E poi la riscossione: le cartelle esattoriali saranno cancellate in cinque anni, con un primo tentativo di notifica della cartella al massimo entro 9 mesi, e le sanzioni saranno riviste al ribasso, per una pacificazione fiscale che dovrebbe portare alla sparizione della Riscossione per come la conosciamo oggi e alla riduzione del contenzioso: «Le controversie fino a 5mila euro sono il 56% ricorsi in primo grado», sottolinea Leo.
Ma ai sindacati non va bene. Cgil, Cisl e Uil, di nuovo compatti, bocciano l'impianto della riforma, contestando innanzitutto il metodo ma anche il merito. Finora - attaccano - e a 48 ore dalla convocazione del Cdm non c'è stato un confronto «vero», ma solo una «informativa».
E, in assenza di risposte, non solo sul fisco ma anche sugli altri temi aperti - dalle pensioni alla sicurezza sul lavoro - si dicono pronti a valutare iniziative di mobilitazione. Compresa la Cisl: dopo lo sciopero di Cgil e Uil i loro rapporti erano rimasti più freddi. Ora le posizioni riconvergono verso l'unità di azione. Una presa di posizione che arriva proprio alla vigilia del congresso della Cgil, che si apre oggi a Rimini, dove venerdì prenderà la parola dal palco anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
Per i sindacati ci sono la vice segretaria generale della Cgil, Gianna Fracassi, il leader della Cisl, Luigi Sbarra, il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti. Il numero uno della Cgil, Maurizio Landini, è già a Rimini e il leader della Uil, Pierpaolo Bombardieri, a Firenze per un'assemblea già fissata in precedenza.
L'incontro con il governo «non è andato bene né sul merito né sul metodo. È mancato il coinvolgimento e non siamo d'accordo né sulla riduzione Irpef, perché va a favorire i redditi alti e altissimi, né sulla flat tax, che è fuori dalla dimensione della progressività prevista dalla Costituzione», dice Fracassi all'uscita. Cgil, Cisl e Uil, che da tempo hanno una piattaforma unitaria sul fisco, insistono sulla necessità di ridurre le tasse a partire dai redditi medi e bassi da lavoro e da pensione e da «chi le paga sino all'ultimo centesimo», insiste Sbarra, che rimarca «l'inadeguatezza» del metodo e «l'urgenza» di avere risposte.
L'opposizione intanto va in tilt.
Per Carlo Calenda e Luigi Marattin di Italia Viva «tranne che per la flat tax il progetto di riforma del fisco è quello di Mario Draghi, alcune parti sono addirittura identiche parola per parola. Se va avanti così va benissimo».
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