Sindacati e pm, i veri ostacoli al cambiamento

Stop all'incompetenza dei grillini. È questo il messaggio con cui il fronte della resistenza vuole far digerire all'opinione pubblica l'arrivo di Draghi

Sindacati e pm, i veri ostacoli al cambiamento

Stop all'incompetenza dei grillini. È questo il messaggio con cui il fronte della resistenza vuole far digerire all'opinione pubblica l'arrivo di Draghi. Come se l'ennesimo commissariamento, il quarto in appena vent'anni, fosse causato da due anni di «questo lo dice lei». Magari. Al punto in cui siamo non ci hanno portato due anni di incompetenza, ma trenta di resistenza al cambiamento. Draghi dovrà vedersela con questa, non con quella.

Nel Paese ci sono alcuni blocchi di potere vero. Uno è la magistratura penale che adesso sta impazzendo sotto i riflettori e pure quella amministrativa. L'altro sono i sindacati e la burocrazia della Pubblica amministrazione. Poi ci sono le banche locali espressione del territorio e le grandi aziende di Stato. Si sono costituiti nel secolo scorso, quando il mondo era un altro, e da allora puntano alla conservazione, accomunati da un denominatore né ideologico né politico. È il rifiuto del merito, della trasparenza e dell'efficienza, che sono solo le colonne portanti delle moderne democrazie liberali. Loro non ne hanno bisogno, sostenuti da un bilancio pubblico infinito accordato dall'unica politica rimasta dopo Tangentopoli che, d'intesa con la grancassa mediatica, è vitale non per quello che può fare ma per quello che assolutamente non deve fare: le riforme.

Questo sistema è stato attaccato da Berlusconi e abbiamo visto com'è finita, grazie anche al fatto che veniva da destra e dunque era facile compattargli contro l'elettorato. Poi ci ha provato Renzi colpendo il simbolo del potere sindacale con l'art. 18, il controllo dei soldi con la riforma delle banche popolari e soprattutto la magistratura, prima proponendo a Napolitano di nominare Gratteri ministro della Giustizia e poi toccando le ferie e la responsabilità dei magistrati. Era più complicato perché la minaccia veniva dall'interno e infatti è costato rottamazioni e scissioni, ma poi tra un referendum di troppo e qualche fascicolo d'indagine sono riusciti a metterlo all'angolo.

Almeno, così pensavano. Non avevano calcolato l'altro grande lascito della prima Repubblica: l'euro e l'Europa, di cui l'Italia è una pedina troppo grande. Non possiamo andare alla deriva e dunque riceviamo il più grande salvagente mai visto, superiore del 30% a quello che ci fu riservato dopo la guerra. Evidentemente, stiamo messi peggio in termini di capacità di produrre ricchezza e auto-alimentarci. Tuttavia, sono consapevoli che la barca fa acqua e metterci soldi equivale a bruciarli. Da qui le condizioni che, detto per inciso, sarebbero la parte migliore di quel Mes che 5s e Pd, tornando indietro, magari concederebbero a Renzi, pur di risparmiarsi il disastro che ora gli tocca.

Il Recovery Fund ancorato a riforme indigeste è un grande pericolo per il sistema. Hanno cercato di resistere ma Renzi li ha giocati, forse d'intesa con Bruxelles e Francoforte. I soldi danno ora a Draghi un potere enorme, a cui la Lega ha già risposto, sotto la spinta del suo elettorato verace. Resistere non sarà facile. Aggiungiamo che Mattarella non è Napolitano e sul Csm si è già espresso mesi fa.

Ma il sistema è resiliente e farà di tutto per aiutare i suoi riferimenti politici a restare in sella, per potergli ancora fare da scudo.

Hanno già iniziato a sviare l'opinione pubblica, mettendo al centro le solite bandiere da sventolare, ministri tecnici o politici, Salvini e i suoi migranti. Tutto pur di celare lo scontro che il Paese sta rimandando dalla caduta del Muro. Come al solito, sarà fondamentale il ruolo di quelli col microfono. Finora hanno giocato per la conservazione.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica