Sindaco in cella, Pd nei guai È il braccio destro di Guerini

Arrestato Uggetti, è l'erede del vicesegretario dem nel feudo di Lodi Forza Italia e Lega all'attacco: «Partito zeppo di indagati e arrestati»

Fuori i «secondi». Non s'è ancora udito il primo gong di questa lunga attesa delle Amministrative, e il Pd è già a terra per la seconda o terza volta. Tanto da far piombare sul Nazareno una cappa buia come la «questione morale» che da queste parti è totem e tabù, epidemia di peste e crisi di coscienza fu-berlingueriana.

Dunque ancora una volta un colpo di Pm, ancora una volta i vertici che tremano, e un uomo direttamente riconducibile a Matteo Renzi a mordere la polvere. Quel Lorenzo Guerini cui il Capo ha affidato la gestione del partito in totale sintonia e fiducia. Lo scandalo di Lodi mette nei guai l'uomo nel quale, a sua volta, Guerini riponeva la sua massima fiducia: Simone Uggetti, da lui imposto come successore. «Il suo braccio destro», esulta il grillino Toninelli.

«Ho conosciuto in questi anni Simone come amministratore competente e accorto e come persona più che corretta e limpida. Detto questo, piena e totale fiducia nel lavoro dei magistrati, confidando che si faccia chiarezza con la massima rapidità». Lo stile di Guerini ricalca fedelmente quello di Renzi, eppure non si può notare come per lunga parte della giornata sia mancata proprio la «copertura» ufficiale (e attesissima) di Matteo. Ulteriore segno di quanto il segretario si senta ormai sotto attacco, magari non ancora sottoposto a quell'accanimento giudiziario evocato dal verdiniano D'Anna quando parla di «offensiva della magistratura», ma poco ci manca. Il premier conosce i rischi di legare troppo la propria immagine a vicende giudiziarie, e dunque lascia volentieri che per molte ore tocchi unicamente a Guerini difendere il Pd e se stesso (un certo «gelo» viene notato anche nell'ambito degli stessi ultrà renziani). L'accerchiamento dei grillini è evidente - l'inchiesta ha mosso da un loro esposto - e nella lunga battaglia sulla corruzione ingaggiata con i renziani questo è senz'altro un uppercut che fa impallidire ogni vicenda Quarto e dintorni. Beppe Grillo ci sguazza: «Continua l'epopea di arrestati piddini nelle amministrazioni locali. Oggi tocca al sindaco piddino di Lodi, farà carriera nel partito di Verdini... Per il prossimo è già partito il countdown: le città amministrate dal Pd sono martoriate da debiti, truffe e danni economici...». Il resto del Movimento non è da meno, Corrado si chiede «chi sarà il prossimo», Di Battista pontifica: «Il Pd ha un immenso problema con il malaffare». Ma che il partito renziano sia «zeppo di indagati e arrestati» lo sostiene anche la Lega di Salvini, e d'altronde sembra un dato ormai oggettivo. «I compagni che sbagliano cominciano a esser tanti», dice il leader leghista, accusato dal pidino Esposito di essere un «avvoltoio» (assieme a Grillo, naturalmente).

Da Forza Italia, invece, emerge comunque l'evidente attenzione a non calcare la mano. Il commento di Mariastella Gelmini si limita a sottolineare come dal Pd non si possano più accettare «lezioni di moralità». Altrettanto chiaro è che, al Nazareno, il terrore di essere finiti nel mirino dei magistrati esiste. Unito a una forte (per ora silente) rivincita della minoranza interna, con il distinguo della versione «morbida» del governatore toscano Rossi, che sposta il tiro sulla «serissima questione morale», dice, che investe l'intero Paese. Stesso messaggio dal candidato sindaco di Milano, Beppe Sala.

La questione morale è di tutti, recita l'abbraccio in extremis all'avversario di un Pd che si scopre alle corde. Ma forse è tardi, forse non c'è neppure tempo per rimediare. Fatti fuori i secondi, non restano che i «primi».

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