La sinistra cavalca l'inchiesta politica. "Governo in Aula a riferire su tutto"

A microfoni spenti, dubbi anche nel Pd: "Iniziativa surreale, regalo alla premier"

La sinistra cavalca l'inchiesta politica. "Governo in Aula a riferire su tutto"
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«L'avviso di garanzia? Una iniziativa surreale, e un colossale regalo a Giorgia Meloni», sospira in Transatlantico la dirigente Pd.

A microfoni spenti e taccuini chiusi, è difficile trovare un esponente delle opposizioni che gioisca per la clamorosa nuova pagina della guerra tra magistratura e politica. Anzi: il timore è che si tratti di un boomerang a tutto vantaggio di Palazzo Chigi, destinato ad indebolire non solo la campagna sul caso Almasri ma anche l'opposizione alle riforme del governo, a cominciare dalla tanto vituperata (dai pm) separazione delle carriere.

Per questo a sinistra, ufficialmente, ci si affanna a cercare di dividere i piani: «Le questioni giudiziarie - si barcamena la segretaria Pd Elly Schlein - non attengono al nostro lavoro, è sul piano politico che insistiamo dall'inizio chiedendo a Giorgia Meloni di non nascondersi dietro ai suoi ministri e venire in aula per chiarire per quale motivo il governo ha scelto di riaccompagnare a casa un torturatore libico per il quale la Corte penale internazionale aveva spiccato un mandato di arresto». Persino i forcaioli per antonomasia di M5s camminano sulle uova: «Meloni fa la vittima, ma non lasciatevi distrarre: lo fanno per non parlare dei loro errori e dei problemi reali dei cittadini, dei tagli sulle buste paga, delle zero-soluzioni su carovita e crisi industriale», dice Giuseppe Conte. «Meloni mente, l'avviso è solo un atto dovuto!», geme l'ex segretario Pd Pierluigi Bersani.

Sul caso del libico arrestato e poi rimpatriato, le opposizioni annunciano per oggi una conferenza stampa unitaria, cui dovrebbero partecipare diversi leader. Ma intanto la situazione è sfuggita di mano. Le informative dei ministri Piantedosi e Nordio sulla vicenda saltano, in aula scoppia la bagarre quando il leader di Avs Nicola Fratoianni evoca l'avviso di garanzia dicendo che quel che ha portato alla scarcerazione «evidentemente non era solo di un cavillo», con la maggioranza che protesta sonoramente.

«Su Almasri il governo italiano ha combinato un disastro, raccontando un mare di balle agli italiani», dice il leader di Azione Carlo Calenda. Dopodichè, sottolinea, «che un presidente del Consiglio venga indagato per un atto che risponde evidentemente a una ragione di Stato, mai ammessa, è surreale e non accadrebbe in nessun altro paese occidentale. Si saldano così due errori e si riacutizza lo scontro tra poteri dello Stato. Non un bello spettacolo».

Per Matteo Renzi la gestione governativa della vicenda Almasri «non è un crimine: è peggio, è un errore». Ma sull'iniziativa giudiziaria «non faremo a Giorgia Meloni quello che lei ha fatto a noi e alle nostre famiglie: per noi la presidente del Consiglio è innocente, come chiunque è innocente fino a sentenza passata in giudicato». Con un timore: Meloni «cavalcherà, facendo la vittima» l'avviso giudiziario. Per Riccardo Magi di +Europa «una cosa è certa: il governo ha mentito agli italiani dicendo che Almasri, definito da loro stessi un soggetto pericoloso, è stato rilasciato per responsabilità dei magistrati».

Ma il clima è pesante per tutti: «Dall'avviso di garanzia a

Meloni fino alle inchieste sui cantieri di Milano, il filo rosso è lo stesso - dice un dirigente Pd - è ripartito il circo dei magistrati che, anzichè applicare la legge, vogliono entrare nel merito delle scelte politiche»

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