La sinistra pacifista italiana e non solo scende in piazza per dire «sì» alla fine delle ostilità in Ucraina e «no» a questa e ad altre guerre. E per domandare lo stop all'invio di armi a Kiev, perché il succo questo è. C'è la manifestazione di Roma, certo, ma anche la mobilitazione di Berlino. Quella organizzata da Sahra Wagenknecht di Die Linke e dall'attivista femminista Alice Schwarzer. Il leit motiv della «soluzione politica» - come la chiamano - è un sentimento che abbraccia alcune frange rosse e rossobrune in tutto il Vecchio continente. Un sibilo ideologico a cui alcuni non riescono a resistere. Come se il sostegno senza se e senza ma ad una nazione invasa e costretta a difendersi non avesse un'accezione più che politica di per sé. Ma tant'è.
Nel Belpaese, spicca l'iniziativa di Europe for Peace cui hanno preso parte a Roma, tra gli altri, Giuseppe Conte, con il M5S, e Maurizio Landini, con la Cgil. Poi c'erano il fondatore della Comunità di Sant'Egidio Andrea Riccardi e il sindaco dem Roberto Gualtieri. Laura Boldrini, sempre del Pd, ha invece aderito alla catena umana che ha preso vita a Firenze, attorno agli Uffizi, con 2500 persone. L'organizzazione, nel capoluogo toscano, è stata sempre di Europe for Peace ma pure di «Donne insieme per la Pace». Torniamo a Roma, dove la simbologia era intrisa da bandiere della pace. Prima ancora di scendere in piazza per l'iniziativa prima e per la fiaccolata in Campidoglio dopo, il leader grillino è intervenuto per esibire la sua ricetta geopolitica: «Poi nessuno sta dicendo che Putin avrebbe accettato di firmare un trattato di pace unilaterale, predisposto dall'Unione Europea o da altri, ma se non si fa la proposta non si può sapere - ha proseguito - Quel tavolo andava aperto subito. Quel canale con mediatori accreditati, credibili andava tenuto sempre aperto sin dall'inizio», ha detto ad Accordi e Disaccordi. Concetto ribadito dalla piazza: «Nessuno può avere la ricetta in mano ma sicuramente bisogna avviare un percorso negoziale mantenendolo aperto. E doveva essere fatto sin da subito, con il primo invio di armi». Insomma il leader grillino, per sua stessa ammissione, non ha idea di come se ne esca ma è convinto che si debba trattare. L'occasione è ghiotta anche per attaccare il governo guidato da Giorgia Meloni, definito dall'ex premier gialloverde e giallorosso con un aggettivo che a sinistra è di moda: «Inadeguato».
Dall'avvocato originario di Volturara Appula sono arrivate parole di elogio per il tentativo di pacificazione cinese: «La Cina ha voluto dare un contributo, qualche elemento positivo sicuramente c'è in quel piano, laddove si riconosce il diritto di tutti i paesi a conservare la propria sovranità», ha annotato. Presente come da attese anche il segretario nazionale di Sinistra italiana Nicola Fratoianni: «Oggi dopo un anno di guerra, ancora in piazza per la pace, e per ribadire che la via della sola escalation militare non costruisce alcuna via d'uscita, innanzitutto per le vittime di questa aggressione cioè i civili ucraini. E che occorre almeno un'altrettanta forte iniziativa diplomatica», ha osservato. In sintesi, è il raduno di quelli che pensano che una «pace giusta» e «duratura», per usare le espressioni scelte dal premier nel suo viaggio a Kiev, possa anche non passare dalla stretta volontà e dalle richieste dell'Ucraina.
E se Landini ha ribadito la sua contrarietà all'invio di armi anche in relazione al rischio di un disastro nucleare, il primo cittadino di
Roma si è scansato, ribadendo di essere presente in qualità di sindaco. Distinguo sottili per una sinistra che sta cercando la quadra politica per se stessa più che la «soluzione politica» al conflitto scatenato da Vladimir Putin.
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