La sinistra elitaria cieca sui crimini degli immigrati

Da Pamela a Desirée, da Saman ai fatti di Milano: quando a commettere violenze contro le donne sono immigrati, la sinistra perde la voce e volta lo sguardo dall'altra parte

La sinistra elitaria cieca sui crimini degli immigrati

Per ora il numero dei casi, il numero delle ragazze molestate in piazza Duomo l'ultimo dell'anno, è salito a nove. Per ora gli indagati per quelle barbare violenze, frutto di una cultura che teorizza le incursioni sessuali contro le donne, sono dodici. Tutti ragazzi piuttosto giovani. Le età vanno dai quindici ai ventun anni. Almeno tre del branco che ha preso di mira le giovani in piazza a far festa sono minorenni. Tutti (nessuno escluso!) sono stranieri o comunque italiani di origine nordafricana. Il ché non cambia il succo. Perché, esattamente come a Colonia nel 2016, hanno messo in pratica una "spedizione punitiva" rituale, il taharrush gamea (letteralmente dall'arabo "aggredire e molestare le donne in strada"), che anni fa ha iniziato ad essere praticata in Egitto in concomitanza con la festività di Id al-fitr. Eppure, nonostante tutto questo, non aspettatevi di vedere, con il passare delle ore, progressisti, femministe e ultrà dell'immigrazione denunciare un'integrazione impossibile (o perlomeno mancata) o anche solo inginocchiarsi per le vittime.

È un vero e proprio cliché. Da Pamela Mastropietro, la 19enne di Macerata ammazzata, mutilata, infilata in una valigia e sbattuta sul ciglio di una strada, a Desirée Mariottini, la sedicenne uccisa in uno stabile abbandonato nel quartiere di San Lorenzo a Roma. Da Saman Abbas, la 18enne scomparsa a Novellara l'anno scorso e mai più ritrovata, alle brutali molestie dell'ultimo dell'anno a Milano. I casi di cronaca nera non sono più campanelli d'allarme isolati e, sebbene molto diversi l'uno dall'altro, hanno un drammatico comun denominatore: l'imbarazzante silenzio della sinistra nostrana incapace di fare i conti con le violenze commesse dagli immigrati. Sempre in fila a denunciare i femminicidi o più in generale i soprusi contro le donne (vi ricordate il caso di Greta Beccaglia?), quando a commetterli è uno straniero, inspiegabilmente perdono tutti quanti la voce. Ne avevamo già parlato proprio nei giorni in cui si cercava in lungo e in largo il corpo di Saman, sparito dopo che questa era entrata in contrasto con la famiglia per il suo stile di vita troppo occidentale. Al tempo, in una interessantissima intervista alla Nazione, il sociologo Luca Ricolfi aveva spiegato che le ragioni di questo silenzio colpevole andavano ricercate nell'"occhio di riguardo" che i progressisti riservano all'islam. "La sinistra - spiegava - teme che i lati più imbarazzanti di quella cultura, e in particolare il suo modo di trattare la donna, compromettano il progetto politico di diventare i rappresentanti elettorali di quel mondo, grazie all'allargamento del diritto di voto agli immigrati".

Ricolfi non è l'unico a pensarla così. All'interno del Partito democratico bisogna andare fino a Reggio Emilia per trovare qualcuno che sollevi il problema. Proprio parlando della povera Saman, il consigliere dem Marwa Mahmoud aveva ammesso che al Nazareno "c'è timore a intervenire su questi temi. Negli ultimi vent'anni c'è stata sottovalutazione". Una sottovalutazione (o, meglio ancora, un calcolo politico) che ha spinto i vari segretari che si sono avvicendati ai vertici del Pd a voltare lo sguardo dall'altra parte e i big del partito a non denunciare certi crimini quando non fanno il loro "gioco" politico. Un'incapacità a leggere la realtà che nei giorni scorsi ha spinto la segretaria metropolitana del Pd Silvia Roggiani a dire che le violenze di piazza Duomo sono "comportamenti figli di una cultura patriarcale" insita nella nostra società. Una mostruosità smentita dai fatti ma che Enrico Letta si è sentito in dovere di difendere quando il viceministro leghista Alessandro Morelli ha ricordato ai dem l'imprescindibile legame tra quanto accaduto a Milano e la mancata integrazione frutto di un'immigrazione senza controllo. Non a caso gli inquirenti hanno trovato inquietanti similitudini con le cosiddette "bande fluide" che la sera del 3 luglio 2017, durante la proiezione della finale di Champions Juventus-Real Madrid, avevano scatenato il panico in centro a Torino. Una violenza che cova nelle banlieue del Nord Italia, ormai abbandonate da una sinistra sempre più elitaria.

Prima di Saman Abbas c'è stato il brutale omicidio di Sana Cheema. E prima ancora c'è stato quello di Hina Saleem. Casi fotocopia. Lo stesso vale per le molestie dell'ultimo dell'anno. Il precedente di Colonia aveva fatto tanto parlare, sei anni fa, anche qui in Italia. Forse anche di più di quanto non stia facendo parlare quanto accaduto a Milano.

Che fine hanno fatto le femministe? E gli ultrà del politicamente corretto? E i talebani dell'integrazione? Perché nessuno si inginocchia in parlamento? Perché nessuno sfila per queste giovani? Perché nessuno dice che questa cultura che fa scempio del corpo delle donne non deve trovar spazio nel nostro Paese e che, se a commettere certi crimini sono gli immigrati di seconda generazione (quelli con la carta d'identità italiana nel portafogli), allora vuol dire che la tanta decantata integrazione è solo un miraggio a cui solo la sinistra può ancora credere?

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