Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni sceglie Quarta Repubblica, salotto televisivo di Nicola Porro sulle reti Mediaset, per ribattere colpo su colpo al week end di scioperi e mobilitazioni organizzate dalla sinistra e dai sindacati. Accompagnata dall'inseparabile braccio destro Patrizia Scurti, Meloni va subito al cuore dello scontro: «La rivolta evocata da Landini? L'Italia è già stata capovolta il 25 settembre del 2022 quando gli elettori hanno mandato a casa la sinistra». Nel botta e risposta con Porro, che dura 40 minuti, il premier tocca tutti dossier caldi: dalla sanità alla prossima Manovra. E assicura: «Il governo non cadrà. Qualche inciampo è fisiologico ma sappiamo che cosa gli italiani sperano e si aspettano». Il capo dell'esecutivo approfitta dell'intervista per regolare i conti con Landini e Schlein. Alla segretaria del Pd che l'ha accusata di essere rinchiusa nel Palazzo, Meloni replica: «Le piazze le frequento e le frequentavo». Tra una battuta e l'altra, il presidente del Consiglio non si sottrae al tema della settimana: lo sciopero generale. E Meloni non ha dubbi: «Capisco la difficoltà di Landini, leggendo i dati dell'adesione allo sciopero che non supera il 6%». Sui toni usati dal capo della Cgil, Meloni è netta: «La classe dirigente di una certa sinistra è irresponsabile, non si preoccupa delle conseguenze delle proprie affermazioni. Il vero problema è che la sinistra vuole il potere ma quando non ce l'ha più, perde anche le staffe. In fondo la sinistra ha una natura intollerante». L'offensiva di Meloni è a 360 gradi. E racconta un aneddoto: «Quando ho vinto le elezioni, i radical chic della sinistra nelle cene romane dicevano che mi avrebbero fatto uscire pazza. Io sono ancora lucida, qualche giornalista di sinistra non tanto». Lo scontro con il sindacato resta il piatto forte: «Non ricordo scioperi della Cgil con Gentiloni, Letta o Conte 2. Scioperano oggi, con un governo, il nostro, che ha alzato le pensioni, ridotto le tasse e aumentato i salari».
Sulla sanità, Meloni rimanda al mittente le accuse di Schlein: «I numeri sono chiari. Nel 2025 ci saranno 136 miliardi sul fondo destinato al servizio sanitario nazionale. L'abbiamo aumentato in due anni di 10 miliardi». I prossimi obiettivi saranno l'aumento dei salari e il taglio delle tasse al ceto medio. Non apre il fronte con la magistratura ma ricorda: «Non ricordo proteste da parte di Magistratura democratica quando il governo Pd faceva leggi sbagliate con quella elettorale». In ogni caso, il presidente del Consiglio precisa di aver rispetto per la maggioranza dei magistrati non politicizzati. Sul capitolo Albania, il presidente del Consiglio non arretra: «Progetto chiuso? Ma quando mai. È un progetto a cui il governo tiene molto, non è sepolto per nulla. È un modello a cui guardano tanti governi europei. Aspettiamo la sentenza della Cassazione (prevista per domani) e il giudizio della Corte Europea». Ma Meloni non ha dubbi: «Ripartirà». Sulla linea assunta da una parte della magistratura sull'immigrazione, Meloni ammette: «Sapevo che avrei dovuto misurarmi con un'opposizione più ampia». Infine, tocca i tre dossier caldi degli ultimi giorni: l'addio di Tavares, la manovra e la scalta di Unicredit a Bpm. Sul caso Stellantis, Meloni rivela: «Ho sentito Elkann, a metà dicembre ci sarà un incontro con il governo. Ovviamente, il governo manterrà sempre una posizione neutrale rispetto alle scelte aziendali». Sul caso Unicredit-Bmp Meloni è chiara: «Il file è nella mani del ministro Giorgetti di cui mi fido, ovviamente la linea sarà quella di tutelare sempre l'interesse nazionale». Si congeda sulla manovra: L'obiettivo sarà quello di abbassare le tasse e sostenere le famiglie.
Abbiamo fatto una riforma fiscale il cui obiettivo è abbassare le tasse a tutti partendo da chi ha più bisogno. Ma girano castronerie totali, gira questa bufala della tassazione al 56%. Non abbiamo aumentato le tasse...».
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