La sinistra occupa il teatro Ariston. E Fiorello la gela: "Non è Tele Meloni"

Il Festival di Sanremo è il regno del grottesco, dove qualsiasi argomento, anche il più tragico, si trasforma in burla kitsch

La sinistra occupa il teatro Ariston. E Fiorello la gela: "Non è Tele Meloni"
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Il Festival di Sanremo è il regno del grottesco, dove qualsiasi argomento, anche il più tragico, si trasforma in burla kitsch. Ma la regina del grottesco, Elly Schlein, ieri era seduta in strada davanti alla Rai per protestare contro «TeleMeloni». La leader del Partito democratico ha convocato il sit in con un tempismo degno, più che di una capopopolo, di una capocomica.

Infatti, mentre il Partito democratico urlava slogan sull'occupazione di Viale Mazzini, al Festival antifascista di Sanremo si intonava Bella ciao, si cantavano tutti i colori dell'amore arcobaleno, si dedicavano i brani a Gaza, Israele giammai, e si elogiavano tutte le risorse dell'immigrazione. Al punto che sono arrivati gli applausi di Mediterranea, l'ong di Luca Casarini e le proteste della comunità ebraica milanese.

Risultato epocale: il 65,1 per cento di share, pari a circa 10.561.000 telespettatori. Immaginiamo che una parte almeno fosse formata da elettori del Partito democratico.

A nulla è valsa la prevedibile dichiarazione della Rai («siamo pluralisti»), l'altrettanto scontata risposta di Amadeus («sono per la libertà a prescindere») e neppure l'imprevista precisazione di Fiorello: «Questa non è TeleMeloni». Niente da fare, la Schlein non ha rinunciato a dire la sua.

Elly ritiene che il minimo sindacale di spoils system della destra sia paragonabile alle clamorose lottizzazioni alle quali partecipa sempre, e da sempre, il Partito democratico, senza andare indietro ai gloriosi tempi di Raitre-Telekabul, rete tv a sinistra di Josif Stalin.

Schlein e il suo manipolo di seguaci non hanno però bivaccato del tutto inutilmente. Hanno infatti fornito una plastica dimostrazione di come il primo partito della sinistra abbia perduto la bussola e vaghi nelle tenebre senza una meta sensata.

Dai trattori in arrivo domani all'Ariston a Mirafiori, dall'Ucraina al Medio oriente, dal degrado della scuola alla perdita d'acquisto degli stipendi, c'erano e ci sono decine di temi sui quali sollevare il dibattito. Ma alla sinistra armocromista non interessano, preferisce levare un grido di dolore per le «vittime» del governo, parliamo di poveri (ehm) esuli come Fabio Fazio, non a caso scelto per l'insolita presentazione del Festival avvenuta sul canale 9 e non su Raiuno. Per non parlare della sorte di altri esuli, come Bianca Berlinguer (finita a Mediaset) o Corrado Augias (finito a La7).

La Schlein si batte per il diritto di trasmissione in Rai dei suoi amici e poi si lamenta della lottizzazione altrui. Il tutto essendo a capo del partito in cui non ti danno la tessera se non hai un dottorato di ricerca in «occupazione di tutti i posti a disposizione nei media e nella cultura». Non si direbbe una operazione brillante.

Elly canta vittoria perché al sit in erano presenti gli azionisti di minoranza dell'opposizione: Maria Elena Boschi di Italia Viva, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Avs, il segretario di Più Europa Riccardo Magi.

Mancava invece il presunto alleato, il boccone prelibato, il Movimento 5 Stelle.

Il «seduttore» Giuseppe Conte è stato spietato, ha spezzato il cuore della «abbandonata» Schlein, ha detto che il sit in era davvero troppo «ipocrita» ed è stato a casa. Probabile abbia guardato almeno qualche minuto di Sanremo mentre Elly sognava TeleSchlein.

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