
Ci volevano Donald Trump e il suo imponente «ass» (deretano) per mettere quasi d'accordo il centrosinistra italico, una tantum, su un tema di politica internazionale.
La premier Giorgia Meloni annuncia la missione a Washington, nel mezzo della folle guerra dei dazi scatenata dalla Casa Bianca, e nel frattempo il presidente Usa, con la consueta raffinatezza, schernisce i Paesi colpiti dalle sue tariffe (ieri sera frettolosamente congelate): «Ora tutti mi chiamano per baciarmi il culo», che in inglese fa appunto «ass». E alla sinistra italiana non par vero: uno dopo l'altro, tutti i suoi leader rilanciano lo sberleffo trumpiano per attaccare il viaggio oltreoceano di Giorgia Meloni. Ore di battute su baci e sederi, smontate al tramonto dalla retromarcia di Trump.
Il primo a cogliere la palla al balzo è Matteo Renzi: «Trump dice che alcuni leader di altri Paesi si mettono in fila per andare da lui a baciargli una parte del corpo. Questa è la fine che fanno i sovranisti nostrani: promettono di pensare all'Italia e finiscono nell'elenco dei baciatori». Segue a ruota Elly Schlein (foto): «Lo stesso giorno in cui Meloni annuncia che sarà ricevuta alla corte di Trump», dice la segretaria Pd, «il presidente Usa insulta con parole irripetibili chi propone un incontro per disinnescare una crisi globale, e i sedicenti patrioti abbassano la testa». Le fa eco Giuseppe Conte (che però, essendo un simpatizzante della prim'ora di Trump, bada a distinguersi da Elly irridendo l'ex presidente democratico): «I baci di Biden in testa alla Meloni li abbiamo già visti, quindi niente più scambi di baci». Rilancia Riccardo Magi di +Europa: «Le parole di Trump sono terrificanti. La cosa bella è che sono rivolte anche a Meloni, la prima a mettersi in fila per andare col cappello in mano dal presidente Usa. Una delle più grandi umiliazioni per l'Italia dal dopoguerra a oggi».
C'è chi pattina sul turpiloquio trumpiano: «Spero che Meloni non si voglia far classificare come una baciapile», dice l'europarlamentare dem Dario Nardella. E chi, come i 5S, si arrampica sugli specchi della diatriba per rilanciare la propria propaganda «pacifista» da bar: «Invece di andare a baciare il culo di Trump - parole sue - perché Meloni non finanzia un ombrello a protezione delle imprese italiane usando i miliardi per il riarmo con armi americane?».
L'unico a tirarsi fuori dai toni un po' cabarettistici della polemica è Carlo Calenda, che auspica la fine di «un dibattito assurdo e provinciale sulla appropriatezza della visita di Stato della premier».
Il problema se mai, nota, è che «non si comprende ancora quali provvedimenti il governo sia pronto a varare per sostenere l'economia. Occorre darsi una mossa: col cataclisma che si sta abbattendo su di noi dovremmo limitare le polemiche marziane e concentrarci sulle proposte utili».
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