Nel dibattito europeo l'ipotesi di un'Italia fuori dalla moneta unica sta diventando sempre più all'ordine del giorno. L'avanzata delle forze politiche nazionaliste e «sovraniste» (che intendono riportare nelle capitali il controllo della moneta) fa sì che quella che era una disquisizione accademica sia oggi una prospettiva che potrebbe presto tradursi in realtà. La moneta è uno strumento e, come tale, potrebbe essere utile: se ben gestito. Per giunta, i vincoli dettati dalla partecipazione all'euro hanno rappresentato almeno in parte un freno (benché insufficiente) dinanzi alle logiche demagogiche di quanti, in questi anni, hanno tenuto i cordoni della spesa. Sul piano storico, la moneta unica europea è stata introdotta in un'operazione politica volta a realizzare l'unificazione continentale che la decisione dei britannici di uscire dall'Europa ha irrimediabilmente compromesso. E nonostante ciò l'Italia ha sicuramente tratto dall'euro più di un beneficio, potendo contare su bassi tassi di interesse. Da parte di molti, a ogni modo, oggi si è portati a pensare che l'unificazione monetaria sia stata un errore che ha portato a commissariare la Grecia e probabilmente, in futuro, altri Paesi. Al tempo stesso è pur vero che un'Italia fuori dall'euro si troverebbe in una situazione drammatica. Quanti da noi vogliono abbandonare la moneta unica vogliono riappropriarsi della moneta per stampare soldi. E siccome i mercati sanno che i «sovranisti» vogliono esattamente questo, vogliono tornare alla lira (che in certi anni conobbe un'inflazione superiore al 20%) e non già dare agli italiani una sorta di marco, la semplice uscita dell'Italia dall'euro comporterebbe un'impennata dei tassi di interesse. In altre parole, chi alla Bce gestisce l'euro e gli attuali tassi di interesse sta operando una redistribuzione che può solo disunire ancor più la società europea: opponendo cicale e formiche. Il permanere dello status quo, dunque, non promette nulla di buono. E la campagna elettorale tedesca metterà ancor più in risalto questo contrasto di interessi tra Nord e Sud del continente. Ma è anche vero che lo sganciamento di questa Italia dall'euro, incapace di tagliare le spese e ridimensionare il ruolo dello Stato, ci precipiterebbe in un baratro profondissimo. In sostanza, probabilmente ha ragione chi sottolinea che non esistono scorciatoie. È necessario ridimensionare Stato e spesa pubblica, liberalizzare la moneta, localizzare il potere e mettere in concorrenza i governi.
L'espansione monetaria conseguente al Qe crea disunità e promette solo inflazione, ma le alternative di taglio populista (protezionismo, moneta nazionale, statalismo assistenziale e redistribuzione tra territori) possono solo aggravare la situazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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