All'ora di pranzo le quotazioni di Matteo Renzi sul governo sono: «In queste ore se debbo essere serio stanno salendo le chance di Draghi. Solo che è un'ipotesi da maneggiare con cura, perché è l'unico missile che ho». A le cinco de la tarde, per citare i versi di Garcia Lorca, siamo tornati in parità tra l'ex presidente della Bce e Giuseppe Conte: «cinquanta e cinquanta». Nei pronostici del leader di Italia Viva l'ipotesi del Conte Ter non è mai stata in vantaggio, ma forse proprio per questo potrebbe finire così. Poi, però, esce fuori ad avvelenare l'aria che ci sarebbero delle e mail che tirerebbero in ballo Roccobello Casalino, portavoce del premier, per alcuni servizi confezionati «ad hoc» contro Renzi in alcune trasmissioni del servizio pubblico. La verità è che siamo al festival del tatticismo e dei veleni: ad esempio, ci doveva essere un documento, vergato con il sangue, per sancire il patto di legislatura, ma alla fine non si farà. Motivo? Se si fa un programma senza il presidente incaricato, almeno sul piano dell'immagine Conte o chi per lui, avrebbe più o meno il peso di un passante ignaro, un pinco pallino qualunque, che viene chiamato al primo piano di Palazzo Chigi a presiedere un governo di cui ignora la genesi e di cui non conosce i programmi. La fiera dell'assurdo certo, ma è anche assurdo che i partecipanti al tavolo dell'ex maggioranza giallorossa non si siano accorti prima di una simile incongruenza. Del resto su quel tavolo si è detto di tutto: i renziani a parlare del Mes, i grillini a lanciare la nazionalizzazione delle banche, l'azzeramento dei fondi dell'editoria e il reddito di cittadinanza. Gli uni parlano in latino, gli altri rispondono in ostrogoto. E più si va avanti in questa liturgia quasi studiata per rendere ineluttabile il Conte Ter e più si divarica il tasso di qualità tra i due possibili sbocchi della crisi: il Conte Ter sarebbe ancora più debole del Bis, tra veleni ed equilibri politici scadenti, di fatto dimostrerebbe - al di là dell'allergia dei partiti verso i governi tecnici - l'impotenza della politica di fronte all'emergenza; rispetto ad un epilogo simile il governo Draghi, o chi per lui, cioè un governo di larghe intese, avrebbe una distanza siderale, sembrerebbe di un altro pianeta, perché dimostrerebbe che la classe politica si è resa conto della tragedia che vive il Paese.
Questo è un fatto. Inoppugnabile. Poi ci sono i protagonisti di questa strana crisi che son tutti «tra color che son sospesi», per tirare in ballo Dante. Per capire se andranno verso l'Inferno o il Paradiso, devi ascoltarli nel loro confessionale, ascoltarne i ragionamenti purgati, appunto, del tatticismo. Renzi, ad esempio, al netto del fatto che per come era cominciata la «crisi», quando tutti gli avevano messo il veto, ogni soluzione a questo punto sarebbe un successo per lui, quando è sincero con se stesso ammette «i pro» e «i contro» tra i due scenari: «Sul piano mediatico il Conte Ter per me sarebbe una sconfitta in casa 3 a 1, un governo Draghi sarebbe una vittoria in trasferta 3 a 0. Ed è inutile che dicano che non c'è Draghi, se glielo chiedessero per spirito di servizio verso il Paese accetterebbe». Ed ancora: «Sul piano politico un Conte Ter certo sulla carta mi darebbe il potere di influire molto sulle scelte di governo, ma fra due anni mi ritroverei senza niente in mano: se il governo funzionasse il merito sarebbe di Conte, se fallisse la colpa sarebbe la mia. Un governo Draghi, invece, dal punto di vista politico sarebbe un trionfo».
Eppoi, c'è da vedere, se Renzi dovesse mollare, che tipo di Conte Ter verrebbe fuori. Non tutti i Conte Ter sarebbero uguali. «Mentre un governo con Draghi ha spiegato ai suoi sarebbe capito dal Paese ma, soprattutto, agli occhi dell'Europa, io non capisco come si voglia marcare una discontinuità tra il Conte bis e il Conte Ter. Anzi, tutto quello che viene detto punta ad evidenziare la continuità. Si parla di Conte, si difende Gualtieri, magari arriveranno a dirmi che Di Maio è il miglior diplomatico che abbiamo a disposizione. Oppure che Arcuri è un genio. L'unica consolazione è che nessuno ha più il coraggio di difendere Bonafede, ma a questo punto è poco. Per cui non danno nulla, non fanno un passo avanti ma intanto mi mettono fretta». Anzi, a dir la verità difendono le posizioni. Ad esempio, domenica il presidente della Confindustria, Bonomi, ha spezzato una lancia in favore della conferma di Gualtieri. Renzi è andato su tutte le furie: «Quando Confindustria accusa il governo di statalismo, vorrei sapere allora a chi si riferisce». La verità è che l'uscita di Bonomi ha provocato una rivolta degli industriali, specie i lombardi. Al punto che il numero uno di Confindustria a quanto pare si sarebbe inventato con qualcuno dei suoi interlocutori: «Me lo ha detto il Colle». Boutade su boutade, che dimostrano solo quanto lo scontro sia duro. «La lobby dalemiana è stata l'ironia di Renzi non molla».
Già, mentre i rappresentanti dell'ex maggioranza fanno il minuetto nelle riunioni nel salone della Lupa di Montecitorio, i colpi bassi si sprecano. Le voci sulle e mail di Casalino, ma anche i tentativi di Conte di arruolare con le lusinghe altri senatori. Ora nel mirino è finito Giarrusso. Sull'altro versante Salvini, che gioca in tandem in questa battaglia con Renzi, continua ad esercitare «appeal» verso ex grillini (due). Perché va avanti questo gioco? Semplice, perché nessun sa cosa succederebbe se dovesse saltare l'ipotesi del Conte Ter. «Al Quirinale ha ragionato con i suoi il leader di Italia Viva dicono che non lo rimanderebbero alle Camere, ma poi che ne sai... E l'unica cosa che io non posso permettermi è che si faccia un Conte Ter con me fuori». Così, anche mentre si tratta ognuno sta attento se i numeri dell'ultima fiducia (156 a favore contro i 156 tra contrari e astensioni) possono variare o no.
E intanto ognuno fa i suoi conti. I grillini hanno già mollato il ministro della Giustizia Bonafede. «Sul tuo nome gli ha detto in faccia Giggino Di Maio già sono nate due crisi di governo. E mettiamoci in testa che un altro governo Conte non ci verrà dato gratis». Mentre nel Pd, che sta a guardare attonito grazie all'immobilismo di Zingaretti («restiamo su Conte»), ci si interroga sul pericolo di finire schiacciati nello scontro tra grillini e renziani.
Tant'è che il governatore dell'Emilia, Stefano Bonaccini, nel comitato di segreteria lancia a tutti un rimprovero: «Se alcune tematiche renziane le avessimo sollevate noi, ora non saremmo spettatori inermi di questa stucchevole contrapposizione tra Conte e Renzi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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