Diciamolo, Ignazio La Russa è come Popeye, rissoso, irascibile carissimo Braccio di Ferro. Usa astutamente la parola, va veloce con il pensiero, l'abilità dialettica gli proviene dall'arte della giurisprudenza ma poi c'è il tifoso e qui i codici non c'entrano, il football lo solletica e sollecita, la passione per l'Inter gli sta addosso più e meglio di Fratelli d'Italia, la sua vera opposizione non è al piddì o alla sinistra a prescindere ma è la Juventus con tutto quello che comporta per il popolo della libertà nerazzurra.
Reduce dal cosiddetto derby d'Italia, il senatore, ospite di un convegno, presso la Fondazione Stelline di Milano, sul tema Italia Direzione Nord-Riflessioni sulla Leadership, si è lasciato andare con il cuore caldo su quello che maggiormente lo stuzzica: «Non volevo fare il presidente del Senato. Volevo fare una cosa diversa, volevo fare il ministro dello Sport, così mi sarei riposato e anche divertito. Giorgia Meloni mi ha detto di no e ho fatto il presidente del Senato. Ma non lo volevo fare per l'Inter, come ha detto Giorgia, ma per andare contro la Juve. Non vado più a Torino da quando ci hanno rubato lo scudetto, con il rigore negato a Ronaldo. Una cosa che solo la Juve di allora poteva fare». Risate, applausi, nemmeno necessario il Var visti i precedenti dello stesso senatore di Paternò e dell'orchestra degli intellettuali (!?) antijuventini, Bonolis, Lerner, Severgnini, Riotta, Mentana, Amadeus, Fiorello, Pucci, un pueblo unido a volte vencìdo, un arco costituzionale sempre reattivo e pronto a scendere in campo contro la Juventus che «rrubba». Scampato il pericolo, per lui medesimo, di essere un ministro dello sport inutile in un sistema dove il capo di questo dicastero ha una influenza marginale sulle vicende dello sport e i suoi attori, Ignazio La Russa può rimettersi tranquillo, non c'è bisogno di un ministro per mandare la Juventus nei tribunali, ci pensano le procure, si segnalano i magistrati che professano candidamente la propria missione (Santoriello Ciro, «come pubblico ministero sono antijuventino, sono tifosissimo del Napoli e odio la Juventus») là dove la suspicione non è affatto legittima ma manifesta anche se fa parte del repertorio, della battuta, dell'ironia però fino ad un certo punto. Di certo c'è stato un grandissimo interista che della missione anti juventina fu protagonista elegante, ironico, sarcastica, al punto di essere rispettato anche dal popolo bianconero, non dalla ciurma ignorante, ma da Gianni Agnelli innanzitutto, dico Peppino Prisco e non c'è nemmeno bisogno di rileggere il diario dell'avvocato e vicepresidente dell'Inter.
Tempi lontanissimi durante i quali addirittura Palmiro Togliatti osò dire a Pietro Longo ignaro dei risultati della giornata di campionato: «E tu pretendi di fare la rivoluzione senza sapere i risultati della Juventus?». Ecco, presidente La Russa, un fatto positivo è certo: non ci sono più i comunisti di una volta.
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