In tutta questa vicenda, una sola cosa è certa: Massimo Giletti si è fatto tanti nemici. E, in queste ore, nell'ombra, i nemici stanno gettando benzina sul fuoco. Quello stesso fuoco che lui ha contribuito ad appiccare con le sue trasmissioni.
Cogliendo l'occasione della defenestrazione del giornalista da La7, si stanno aprendo cassetti pieni di indiscrezioni, malumori, odio, insofferenza verso il conduttore di Non è l'arena. Mafia, pentiti, stragi, politica corrotta, guerra in Ucraina: si è messo in mezzo di tutto per motivare la decisione della rete di sospendere il programma di punto in bianco e di fatto chiuderlo anche se il giornalista resta a disposizione fino a giugno, data di scadenza del contratto.
Forse, semplicemente, la risposta va cercata nelle parole dette ieri dal patron Urbano Cairo: «Giletti ha condotto in 6 anni 194 puntate dove ha potuto trattare in totale libertà tutti gli argomenti che ha voluto, inclusi quelli relativi alla mafia, sulla quale ha fatto molte puntate, con tutti gli ospiti che ha voluto invitare. Gli auguro di trovare la stessa libertà incondizionata nella sua prossima esperienza televisiva o di altro genere». Frasi molto dure che fanno capire che la rottura sarebbe dovuta alla trattativa del giornalista per il ritorno in Rai. L'editore - a cui alla fine importa solo l'utile delle sue aziende - avrà concluso: con tutti i casini giudiziari e politici che ha creato, ora questo se ne vuole andare, quindi meglio chiudere la trasmissione per evitare altri guai e nel contempo risparmiare anche i soldi delle ultime puntate.
Questa la sostanza, poi i retroscena si sono sprecati. Alcuni mettono in pessima luce il lavoro giornalistico del conduttore, altri lo fanno passare per martire. Di certo Giletti, che assicura di non capire i motivi dell'allontanamento, non ci sta all'idea che il suo show sia stato chiuso per questioni di costi, o di mancanza di pubblicità, altra cosa che è stata fatta paventare. Comunque finisca, a questo punto non sarà neppure facile per lui tornare in Rai, nonostante la nuova governance che potrebbe arrivare alla guida della tv pubblica a fine aprile non gli sia nemica e neppure la parte della politica che esprime questa nuova dirigenza, leggasi le parole di sostegno di Salvini.
Comunque, tra i tanti retroscena emersi, il più probabile resta quello legato alle dichiarazioni di Salvatore Baiardo che a Non è l'Arena aveva annunciato in anticipo la cattura di Matteo Messina Denaro che si sarebbe praticamente fatto prendere perché malato. Giletti, in questa chiave, si sarebbe infilato in un pasticcio che avrebbe creato un corto circuito investigativo. Il conduttore, infatti, è stato sentito due volte nelle scorse settimane come persona informata sui fatti dalla procura di Firenze, la stessa che indaga sulle stragi mafiose del 1993. I magistrati stanno anche svolgendo accertamenti sui compensi elargiti a Baiardo (si parla di 48mila euro). Sulla questione Giletti precisa che «è falso che io abbia pagato personalmente e di nascosto il signor Baiardo che è stato compensato come un qualsiasi ospite, in maniera trasparente». Il Domani, invece, dice che nelle prossime puntate si sarebbero mostrate foto di Berlusconi con i fratelli Graviano (che però lo stesso Baiardo sostiene di non avere).
In difesa di Giletti sono scesi in campo l'ex magistrato Antonio Ingroia per cui il giornalista si «sarebbe spinto troppo in avanti nelle inchieste sulla mafia» e la giornalista Sandra Amurri secondo cui la «sospensione del programma sarebbe scaturita da inchieste in
cantiere su intoccabili». E c'è chi dice addirittura che Fabrizio Corona abbia fatto da tramite per ottenere gli audio delle donne di Messina Denaro mandate in onda. A questo punto, Giletti potrebbe essere accusato di tutto.
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