L'integralismo islamico punta al cuore, al cervello e al portafogli dell'Europa. Ma proprio quando mezzo continente apre gli occhi sul separatismo islamista, l'Italia non c'è.
I ministri dei sei Paesi si riuniranno oggi a Vienna per elaborare delle strategie di contrasto alla minaccia estremista. Analizzeranno un report inedito sui Fratelli musulmani, organizzazione composta nel suo nucleo puro da poche centinaia di personaggi che grazie al potere economico, all'abilità politica propria e all'accondiscendenza altrui sono stati capaci accreditarsi come «monopolisti» dell'islam, esercitando una egemonia schiacciante su una massa enorme di fedeli.
Mentre gli attacchi jihadisti hanno un andamento intermittente - ma gli ultimi sono di pochi giorni fa - l'approccio degli Stati europei sta cambiando. Superando la logica securitaria, vari governi ora provano ad analizzare l'ombra islamista come un fenomeno politico, come minaccia alla democrazia e all'integrazione. Non è un caso che la legge voluta dal presidente francese Emmanuel Macron sia dedicato al «separatismo religioso», e non è un caso che a Vienna si riuniscano i ministri degli Affari sociali e non degli Interni. La Francia, forse più che dopo la strage del «Bataclan», si è interrogata sotto choc per la tragica fine di Samuel Paty, l'insegnate decapitato da un fanatico per aver mostrato le vignette di Charlie Hebdo.
La Francia ha un governo «centrista», l'Austria di centrodestra, la Danimarca di sinistra: l'astro nascente è il ministro dell'Integrazione Mattias Tesfaye, socialista di origine etiope. Il nuovo approccio è trasversale. L'Italia però non sarà della partita ed è un paradosso visto che fra i protagonisti del summit sarà Lorenzo Vidino, milanese, direttore del Programma sull'estremismo della «George Washington university», massimo esperto di radicalismo islamico.
A Vidino è stato commissionato il report sulla struttura della Fratellanza. E lo studioso italiano, con Sergio Altuna, ha disegnato una sorta di mappa e di radiografia di questa «confraternita», una nomenclatura nepotista e arabofona (per lo più siriana e giordana) che grazie alle capacità di mobilitazione e alla disponibilità di risorse esercita un'influenza sproporzionata sulle comunità accreditando i propri dirigenti come rappresentanti legittimi dei musulmani.
L'islam ideologico vuole conquistare l'egemonia anche simbolicamente, come dimostra il progetto della più grande moschea del Continente, a Strasburgo. I Fratelli lavorano su più livelli, e in quello «presentabile» costruiscono una narrazione vittimistica grazie all'«islamofobia», paravento usato per mettere all'indice i critici. Intanto l'Europa finanzia progetti di sigle vicine, formalmente autonome ma in realtà controllate, come prevede appunto la struttura «binaria», in parte occulta e in parte pubblica (e impegnata a negare anche in tribunale i suoi legami con l'altra).
Il report menziona le sigle di questa faccia «presentabile» (Fioe, Femyso, l'Istituto europeo di Scienze umane, il Consiglio europeo per Fatwa e ricerca, Europe trust) e indica il più in vista fra gli esponenti italiani di questo ambiente, l'imam di Segrate Ali Abu Shwaima, ricordando come la disputa sulla ormai ex consigliera Pd di Milano Sumaya Abdel Qader vertesse proprio sulla sua adesione a Fioe e sui legami di questa Federazione.
La Fratellanza vive nella legalità, ha scartato strategicamente la violenza e la biasima pubblicamente - salvo quella della branca
palestinese Hamas - tratta i terroristi come un tempo i «compagni che sbagliano», rassicurando sulla propria diversità. L'Europa però sta aprendo gli occhi ed è intenzionata a rendere più difficile la vita agli islamisti.
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