Maledetta democrazia. È un sentimento, un'imprecazione, che arriva da sinistra e sempre più difficile da soffocare. È un gesto di stizza, che viene fuori d'istinto, un segno di frustrazione, la risposta di chi si trova davanti a qualcosa di inconcepibile, come se la bolla in cui finora si è vissuti fosse improvvisamente esplosa. È l'abito mentale di chi si sente per giudizio metafisico dalla parte dei giusti, tanto da scambiare la sconfitta elettorale in un sopruso. Non c'è dubbio allora che qualcosa di losco deve essere accaduto.
La sovranità appartiene al popolo, ma il popolo è malato. È confuso, distratto, manipolato, padre perdona loro perché non sanno quello che fanno. Tutto questo viene fotografato con occhio fosforescente da Oliviero Toscani. «Giorgia Meloni è come Wanna Marchi. Quando la maggioranza è cogl... c'è una democrazia cogl...». E così sia. Toscani scatta e in tanti gli vanno dietro. È un alibi facile, a portata di mano, che si rincorre sui social, si diffonde nella profonda indignazione degli scrittori di razza, sale sulle cattedre universitarie e plana sulle spalle di Francesca Michelin, con il talento certificato da X Factor, che svela l'inganno del voto: «Il Paese non è reale». E inizia la resistenza. Per fortuna Luca Barbarossa, cantautore di sinistra con coscienza democratica, ricorda che alle elezioni si vince e si perde. «E quando si perde bisogna chiedersi perché».
La parola, prima sussurrata poi scalmanata, è invece «ignoranti». È il popolo bue, quello che un tempo spaventava le oligarchie. Appare così un sondaggio fatto in fretta tra gli studenti della Bocconi. Cosa hanno votato? Il meglio. Stravincono Calenda e Renzi con il 36,7 per cento e poi Pd e poi i Verdi con sinistra Italiana e poi +Europa. Fratelli d'Italia è al 7, Forza Italia sotto il tre e la Lega a uno. I Cinque Stelle quasi inesistenti bivaccano sopra lo zero. Vero, viene quasi da ridere, e c'è da commiserare i bocconiani ridotti al ruolo di campione statistico. Quello che però è serio è l'assioma che c'è alla base di questo discorso. Se vince la destra è per la rumba dei poveri di spirito (non in senso evangelico). Se per sbaglio vincessero gli altri allora il popolo è illuminato. Non c'è più ombra di miseria morale, grassa arroganza e volgarità. L'orizzonte improvvisamente diventa virtuoso. Basterebbe insomma seguire il bene e cosa sia e dove sta lo decide la sinistra. È un bignami di teologia medievale. L'importante è avere fede.
Ora la democrazia non è questo. Non gli appartiene più. In democrazia votano gli ignoranti, gli stolti, i miscredenti, i buontemponi, i miserabili, i furbi, i cinici, i disfattisti, i dissennati, i nichilisti, gli sconosciuti, quelli che si sfondano il sabato sera e perfino quelli che si fanno pagare, non importa neppure da chi. Quelli che lo fanno, perché negli ultimi tempi in tanti se ne stanno a casa. La cura quindi quale sarebbe? Ripudiare il suffragio universale? Perché questo sotto sotto è quello che stanno dicendo. Un tempo il diritto al voto si otteneva con il censo. Certo, adesso no. La soluzione è negare il diritto a chi non ne è degno. Non vota cioè con responsabilità, dalla parte giusta. È una visione della democrazia platonica, dove solo i saggi sono illuminati e sanno cosa fare. È la democrazia che cura se stessa e mette in quarantena i populismi. È il voto come «azzardo» che non piaceva al presidente Napolitano. È una democrazia ponderata, che però diventa davvero pericolosa da maneggiare.
Chi decide se il voto è saggio? È già una scommessa chiederlo ai filosofi. Immaginate se a dare la risposta, come ha fatto, sia Giulia Torelli, di professione «influencer», trentacinque anni. «Perché i vecchi hanno il diritto di voto?».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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