Eppure ci dovremmo essere abituati. Viviamo in una società dove l'odio impera. Basti leggere i commenti alle foto su Instagram di una qualunque persona mediamente famosa. E più il livello di notorietà sale, più gli insulti aumentano e diventano aggressioni verbali. Hater anonimi (spesso sorprendentemente donne) si scagliano contro il secondo bambino di Harry e Meghan, il vaccino alla Segre o la positività al Covid di Sallusti.
La verità è che all'odio non ci si abitua mai. Per fortuna. Ed un uomo qualunque come Giovanni Gozzini, sconosciuto professore di Storia dell'università di Siena, riesce pure a far parlare di sé per le sue aggressioni vergognose contro Giorgia Meloni su una radio altrettanto sconosciuta, come la sinistroide fiorentina Controradio (senza, tra l'altro, che nessuno dei conduttori lo riprendesse). E anche Selvaggia Lucarelli si accoda. Pur conoscendo bene l'odio in rete, su Facebook sente il bisogno impellente di scrivere un lungo sproloquio per dire che non esprime alcuna solidarietà alla Meloni perché è proprio il linguaggio della leader di Fdi «quello su cui fanno leva molti rappresentanti del suo partito, spesso autori di post razzisti, sessisti, omofobi». Strampalata teoria a cui si accoda il direttore di «Domani» Stefano Feltri.
La polemica che ne scaturisce riattizza il fuoco mai spento delle offese alla Meloni che prima di essere parlamentare, è donna e mamma, da sempre uno dei politici più bullizzati. Nell'agosto 2019 l'ex brigatista Raimondo Etro, che partecipò all'organizzazione del sequestro Moro, in un post su Facebook (condiviso più di 10.000 volte) descrisse la presidente di Fdi come una «nana, coatta, sgraziata, fascia», utilizzando vigliaccamente una foto del 2016 in cui era incinta. Nel 2017, invece, Asia Argento immortalò Giorgia al ristorante e infierì senza alcuna remora: «La schiena lardosa di una ricca e senza vergogna. Fascista sorpresa a brucare».
Gli attacchi sulla «Meloni fascista» ormai non si contano più tanto che hanno stancato pure chi li fa. Gad Lerner, ad esempio, è uno che di tanto in tanto tira fuori lo spauracchio del fascismo che fa sempre presa sui suoi compagnucci: «Non si dà in natura un partito politico che sia contemporaneamente di destra democratica e fascista. Le due cose sono incompatibili perché il fascismo è una dottrina che nega la democrazia», una delle sue celebri sparate. Il babau è sempre utile per demonizzare l'avversario magari quando è in crescita nei consensi.
Citiamo, in proposito, quanto pubblicato dalla Stampa diretta da Massimo Giannini, lo scorso 7 febbraio, in un lungo ritratto condito di sarcasmo spicciolo: «Comprensivo di sensi di colpa perché la politica la tiene lontana dalla figlia piccola, Ginevra, prodotta con la collaborazione del compagno autore Mediaset di quattro anni più giovane e mai sposato (però è curioso: tutti questi campioni della famiglia tradizionale ne hanno una irregolare, almeno davanti a Dio. Lei però ribatte che è colpa di lui, che non vuole sposarsi)». Un'espressione, «prodotta con la collaborazione...» che non ha bisogno di commenti.
In
questi giorni, infine, è stato pubblicato un vecchio post di Eric Gobetti, storico e autore di un singolare libro sulle foibe, in cui dava della «zoccola» alla Meloni. Di questo, però, nessuno ha sentito il bisogno di parlare.
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