Speranza da al-Shifa: trasferiti in Egitto 28 neonati prematuri. Ostaggi, intesa vicina

Una buona notizia e un filo di speranza, in una quotidianità fatta di morte e terrore fanno virare a positivo il bilancio della giornata di ieri del conflitto tra Israele e Hamas

Speranza da al-Shifa: trasferiti in Egitto 28 neonati prematuri. Ostaggi, intesa vicina
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Una buona notizia e un filo di speranza, in una quotidianità fatta di morte e terrore fanno virare a positivo il bilancio della giornata di ieri del conflitto tra Israele e Hamas. La buona notizia, finalmente ufficiale e confermata, è il trasferimento di ventotto bambini prematuri dal martoriato ospedale al-Shifa di Gaza in Egitto. Ventotto piccole vite innocenti salvate. Alcuni dei bambini sono stati ricoverati nell'ospedale di al-Arish, a circa 40 km dal confine egiziano. Altri, quelli in condizioni più gravi (sarebbero 12), sono invece stati trasportati in aereo al Cairo. Il ministro della Sanità egiziano ha accolto, dal valico di Rafah, anche centinaia di feriti che saranno curati in Turchia, negli Emirati e negli ospedali egiziani.

L'altro spiraglio di speranza riguarda il delicatissimo tema degli ostaggi. Dalla Casa Bianca, il presidente americano Biden ribadisce che un accordo per il rilascio degli ostaggi israeliani detenuti da Hamas a Gaza sia vicino. Un'apertura importante che arriva però dopo giorni di fughe in avanti e smentite improvvise in una trattativa che sembra sempre più vicina alla soluzione ma che poi finisce con l'arenarsi. E causare ulteriore frustrazione alle famiglie dei rapiti che da settimane chiedono interventi al governo Neatanyahu, ieri nuovamente finito nel mirino. Un dibattito sulla pena di morte per i terroristi in una commissione parlamentare della Knesset, ha fatto infuriare le famiglie. I parenti hanno implorato il governo di non approvare la legge almeno fino a quando gli ostaggi non saranno rilasciati. «Mettete a repentaglio le vite dei nostri congiunti. Non fatelo fino a quando hanno la spada sul collo. Non capitalizzate la nostra sofferenza, siate con noi dalla parte della vita e non dalla parte della morte», hanno esplicitamente chiesto al ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, noto per le sue posizioni spesso estreme e provocatorie.

Nel frattempo, il conflitto non si ferma e a pagare il prezzo più alto sono sempre i civili. Ieri in un raid sarebbe stato colpito l'ospedale indonesiano di Gaza con un bilancio di almeno 12 morti, tra cui alcuni pazienti, e decine di feriti. Il capo dell'Organizzazione mondiale della sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus si è detto «sconvolto, gli operatori sanitari e i civili non dovrebbero mai essere esposti a un simile orrore, soprattutto all'interno di un ospedale». Anche Medici senza frontiere denuncia che la sua clinica a Gaza City è stata incendiata durante i combattimenti tra l'esercito israeliano e le milizie di Hamas. Ieri di contro è entrato a Gaza il primo ospedale da campo dall'inizio della guerra. Ma riguardo gli ospedali, fa sensazione il racconto di un medico dell'al-Shifa, indicato da Israele come centro di comando di Hamas e, come mostrato da alcuni video, luogo di detenzione di alcuni ostaggi rapiti il 7 ottobre. «C'erano alcune zone nelle quali non si poteva andare a meno di non essere colpiti da spari» ha raccontato il dottore a France 24. «Quando ho chiesto di lavorare nell'ospedale di Gaza City, sono stato messo in guardia sul fatto che c'era una parte alla quale non dovevo avvicinarmi. Quella era una parte usata per fini non medici, ho visto alcuni personaggi che non erano medici dall'aspetto losco entrare e uscire continuamente in una corsia che conduceva a un seminterrato», ha aggiunto, confermando la tesi israeliana.

Le operazioni, intanto continuano.

Ieri un reparto dell'esercito ha occupato il Palazzo di Giustizia di Gaza City, dopo aver fatto lo stesso con il Parlamento e il comando di polizia. L'Idf comunica che altri 3 capi di Hamas sono stati uccisi e in totale sono già 300 gli arrestati con anche il fronte libanese che rimane caldo, con continui botta e risposta.

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