Speranze e piani di pace si scontrano con la realtà: la guerra sarà ancora lunga

Dopo Zelensky anche Scholz apre a un tavolo con Mosca. Ma l'ostacolo è Putin

Speranze e piani di pace si scontrano con la realtà: la guerra sarà ancora lunga
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A osservare le mosse sul campo, il futuro della guerra in Ucraina appare tutt'altro che breve. Da una parte Putin non risparmia la sua carne da cannone pur di proseguire la sua lenta marcia verso ovest nel Donbass e si prepara a impiegare i missili balistici in corso di fornitura dal suo infame alleato iraniano per nuovi attacchi terroristici dal cielo sulle città ucraine; dall'altra Zelensky lavora instancabilmente per ottenere dall'Occidente tutto ciò che gli è possibile (ma mai davvero sufficiente, come confermano gli esperti di questioni militari) per difendersi, ma anche per contrattaccare efficacemente portando la guerra sul suolo stesso dell'aggressore russo, conservando il controllo di 1.300 chilometri quadrati di territorio nemico nella regione di Kursk.

Eppure, in questi giorni si parla di prospettive di pace: lo ha fatto a Cernobbio il presidente dell'Ucraina, anticipando l'esistenza di un suo piano che intende sottoporre alla leadership degli Stati Uniti. Ma lo ha fatto ieri anche il leader politico del Paese europeo che, insieme con la Gran Bretagna, è nel concreto (a parole sono tutti generosissimi con Kiev) il più serio e affidabile fornitore europeo di armi dell'Ucraina: la Germania.

Nelle stesse ore in cui veniva confermato il prossimo invio da Berlino al fronte ucraino di 17 sistemi difensivi anti-aerei Iris-Ts, il cancelliere Olaf Scholz ha detto in un'intervista che «un'altra conferenza di pace sull'Ucraina ci sarà sicuramente e io e il presidente Zelensky siamo d'accordo che anche la Russia debba esservi coinvolta». Secondo Scholz «è giunto il momento di intensificare gli sforzi per discutere su come uscire da una situazione di guerra e raggiungere la pace più rapidamente». Una pace, fa però capire il cancelliere tedesco, che non va confusa con quella resa più o meno mascherata dell'Ucraina che rimane il palese obiettivo del Cremlino. Del resto, Zelensky aveva detto chiaramente che solo «un concreto pacchetto di difesa rappresenterebbe un forte deterrente per la Russia e per poter terminare la guerra alle condizioni diplomatiche».

Putin non ha però la minima intenzione di negoziare seriamente una pace con un nemico cui non riconosce neppure il diritto di esistere come popolo e Stato indipendente. I suoi ponti col passato sono stati tagliati: ha trasformato l'economia russa in un'economia di guerra e le scuole del suo Paese in una fucina di giovani nazionalisti fanatici pronti a combattere. E nemmeno Zelensky accetterebbe facilmente un'ipotetica intesa di pace che conceda al nemico larghe fette di territorio ucraino. La guerra, dunque, continuerà a lungo, e verosimilmente nelle attuali drammatiche condizioni: attacchi russi dal cielo sulle città ucraine (anche ieri, bombe su Sumy con morti e feriti), tritacarne russo con metodi staliniani nel Donbass (anche ieri centinaia di morti nell'assalto alla strategica città ucraina di Pokrovsk, o meglio ciò che ne resta in piedi), contrattacco ucraino nel Kursk.

Intanto ieri il capo della Cia William Burns ha definito «senza precedenti dai tempi della guerra fredda i pericoli per il sistema occidentale» derivanti dalle minacce coordinate di Russia,

Cina, Iran e dei loro alleati. Ma ha anche ammonito a non cadere nelle trappole propagandistiche del Cremlino: le minacce nucleari di Putin, ha detto, sono parole vuote destinate a intimidire e che non devono condizionarci.

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