"Le spiagge sono a rischio svendita. Il Parlamento ora deve intervenire"

Il presidente dei balneari contro il verdetto del Consiglio di Stato

"Le spiagge sono a rischio svendita. Il Parlamento ora deve intervenire"

«Siamo vittime di una campagna mediatica vergognosa». Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari, non usa mezze misure. La sentenza del Consiglio di Stato che cancella di fatto la legge del 2018, con la quale si stabiliva il prolungamento delle concessioni balneari fino al 2033, vuole richiamare lo Stato ai vincoli della cosiddetta «direttiva Bolkenstein» che chiede di rimettere sul mercato i beni demaniali come le spiagge. I giudici hanno imposto lo sfratto dalle spiagge a fine 2023 per tutti i titolari di stabilimenti.

Un colpo duro.

«Una furbata direi piuttosto».

In che senso?

«Questa sentenza toglie le castagne dal fuoco al governo Draghi, che infatti si era ben guardato da inserire i balneari nel decreto Concorrenza».

Cosa doveva fare il governo?

«Più che il governo, direi il Parlamento dovrebbe colmare il vuoto normativo. Non credo che spetti ai giudici farlo. Questa è una sentenza politica».

Farete ricorso?

«Stiamo valutando di appellarci alla Consulta. Qui c'è in gioco la vita di oltre 30mila famiglie che hanno investito risparmi e fatto mutui per mantenere l'attività».

La direttiva Bolkenstein parla proprio di libero mercato e concorrenza.

«Non c'è concorrenza. Se domani mettono all'asta la spiaggia dove io per trent'anni ho investito soldi e sudore lo fanno sul semplice valore della concessione. Ma sopra c'è tutta la mia vita di imprenditore. E qualcun altro se la prende praticamente a costo zero».

È fondato il rischio che grandi investitori possano invadere le nostre spiagge?

«Molto fondato. Se il Parlamento non si sbriga qui c'è il rischio che vengano svendute le nostre spiagge».

Svendute? E pensare che sui giornali si dice che siete voi a pagare canoni di concessione bassi.

«I giornali non spiegano che la concessione è solo su una superficie. E noi su quella paghiamo la giusta tariffa. Se poi sopra c'è uno stabilimento di successo che ha un importante fatturato si pagherà le tasse su quel reddito. Paghiamo tutto eccome! Anche l'Imu su un bene che non è nostro. Non solo».

Cioè?

«Paghiamo anche una tassa di concessione regionale che serve a finanziare i lavori di ripristino delle spiagge dopo le mareggiate. Ma noi intanto paghiamo di tasca nostra i danni agli stabilimenti. Per non parlare delle tasse sui rifiuti che noi paghiamo tutto l'anno anche se sfruttiamo le spiagge solo una stagione. Con la terribile mareggiata del novembre 2018 il mio stabilimento è stato distrutto.

La banca mi ha concesso un prestito in virtù di una legge dello Stato (la 145/18) che mi garantiva la concessione fino al 2033. E ora che sto ancora pagando, il Consiglio di Stato consegna a speculatori praticamente a costo zero i miei sacrifici? Nemmeno in un regime comunista si ragionerebbe così».

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