Il primo ministro Benjamin Netanyahu, e prima di lui gli alti funzionari della sicurezza israeliana, sono convinti che sia arrivato il momento di finalizzare un accordo per mettere fine alla guerra. L'indiscrezione della tv israeliana Channel 12 sulla riunione di martedì sera tra Netanyahu e i responsabili della sicurezza sembra confermare un cambiamento di clima nel conflitto in Medioriente, mentre ci si muove verso negoziati per lo stop alle armi, sia a Gaza che in Libano. E questo nonostante il conflitto prosegua ancora duro o forse proprio per questo. A Gaza sono ormai oltre 43mila i morti (inclusi i combattenti) e in Libano 2.787 le vittime dal 7 ottobre, con migliaia di civili costretti a evacuare ieri la valle della Bekaa prima dei bombardamenti dell'esercito israeliano, in particolare la città di Baalbek. Oltre un quarto del Paese è sotto ordini di evacuazione israeliani secondo l'Onu, che denuncia lo sfollamento di più di 1,2 milioni di persone. Come se non bastasse, secondo la Cnn l'Iran è pronto a rispondere a Israele prima del voto americano del 5 novembre.
«Riportare a casa gli ostaggi è al momento la missione più importante - ha spiegato alle truppe israeliane a Rafah il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant - Il vostro obbligo è creare pressione militare. Il nostro obbligo, a livello politico, è di arrivare a un accordo». Il pressing americano per una tregua è forte, nella speranza di arrivare a un'intesa prima delle presidenziali. In queste ore sono attesi in Israele i due consiglieri senior del presidente Usa Joe Biden, Amos Hochstein e Bret McGurk, per discutere del cessate il fuoco. Si lavora a una tregua di 60 giorni in Libano, con Israele che chiede il ritiro degli Hezbollah a nord del fiume Litani, l'esercito libanese lungo il confine israeliano, un meccanismo internazionale di intervento e di applicazione della tregua e infine la garanzia di avere mani libere in caso di minacce. «Grazie a tutte le operazioni (dell'esercito) degli ultimi mesi e soprattutto delle ultime settimane, si parla di un accordo diplomatico e Israele può arrivare a queste discussioni da una posizione di forza dopo che l'intera leadership di Hezbollah è stata eliminata e più di 2mila infrastrutture terroristiche sono state colpite in modo significativo», ha affermato Eli Cohen, membro del Gabinetto di sicurezza. L'ultima vittima eccellente è Mustafa Ahmad Shahadi, vice capo di Radwan, la forza d'élite di Hezbollah. Ma è il nuovo leader del gruppo sciita, Naim Qassem, nel primo discorso in tv dopo aver preso il posto di Hassan Nasrallah, a spiegare che una via d'uscita potrebbe essere vicina, anche se Hezbollah è pronto a «una guerra lunga». La tregua sarà «alle nostre condizioni» avverte, ammettendo che le elezioni americane «saranno un punto di svolta nel conflitto». Nuove minacce, poi, a Netanyahu, la cui abitazione a Cesarea è già stata attaccata. «Questa volta si è salvato. Non sappiamo quando morirà, ma qualche israeliano potrebbe ucciderlo. Potrebbe morire durante uno dei suoi discorsi», ha avvertito Qassem.
Non a caso, per motivi di sicurezza, il premier starebbe valutando di rinviare il matrimonio di Avner, il più giovane dei tre figli, fissato per fine novembre.La Knesset, nel frattempo, per rafforzare la rivendicazione su Gerusalemme capitale dello Stato ebraico, ha approvato una legge che vieta l'apertura di consolati in città consentendo solo quella di ambasciate.
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