Il Regno Unito si spacca sulla fase 2 della gestione della pandemia di coronavirus. Ieri Boris Johnson ha annunciato alcune nuove misure che entreranno in vigore in Inghilterra nelle prossime settimane, ma a tenere banco è stato lo scontro tra Downing Street e i governi delle altre nazioni dell'Unione sul messaggio da veicolare alle persone. Una guerra comunicativa che, prima ancora delle divergenti scelte sulle modalità di allentamento del blocco socio-economico del Paese, evidenzia un Regno tutt'altro che Unito.
Le parole d'ordine della fase 1 sono state: stai a casa, proteggi l'NHS (il servizio sanitario pubblico inglese), salva vite. Ripetuto ossessivamente in tv, alla radio, sui cartelloni pubblicitari, veicolato in rete, lo slogan governativo adottato all'unisono da tutte e 4 le nazioni del Paese è stato da ieri rimpiazzato: stai all'erta, controlla il virus, salva vite è il nuovo mantra. Che però verrà adottato solo dall'Inghilterra. Il cambiamento di strategia comunicativa, di cui si parlava da qualche tempo, è stato anticipato dai giornali di ieri, pieni anche di anticipazioni sulle nuove misure che il governo stava per annunciare. Un nuovo slogan di cui però Galles, Scozia e Irlanda del Nord erano state tenute all'oscuro. E che hanno subito criticato, capeggiate dal primo ministro scozzese Nicola Sturgeon: «Sarebbe catastrofico abbandonare lo state a casa, non sono pronta a farlo soprattutto in favore di un messaggio che è vago e impreciso ha dichiarato -. Io ho il dovere di darvi indicazioni chiare e non so cosa significhi stare all'erta. Credo sia qualcosa che facciamo già nelle nostre normali vite». Una presa di posizione decisa, corroborata dalle decisioni di Galles e Irlanda del Nord: tutte e tre le nazioni non devieranno dal messaggio originario. Il tentativo di Downing Street di ridurre la vaghezza interpretativa di «stare all'erta», specificando che si deve rimanere a casa il più possibile, lavorando da casa se si può e limitando il contatto con le altre persone non ha fatto rientrare i ribelli nei ranghi.
Alla base del cambiamento comunicativo e dell'accelerazione nella gestione del virus vi sono diverse motivazioni. Innanzitutto sanitarie, con l'Inghilterra che sta sperimentando un tasso R0 di trasmissione del virus che sembrerebbe inferiore alle altre nazioni, in special modo la Scozia. E questo dà meno spazio di manovra a Edimburgo, Cardiff e Belfast. L'obiettivo primario è salvare più vite possibile, politicamente sarebbe molto difficile riuscire a giustificare di aver seguito il governo centrale prima di aver messo sotto controllo il virus. Da un punto di vista economico poi la pressione è tutta su Downing Street. Il governo centrale sta facendo i conti con un ampio sistema di aiuti, finanziamenti, garanzie a imprese, dipendenti, lavoratori autonomi che si sta rivelando estremamente costoso. Una rete di protezione che il ministro del tesoro Rishi Sunak ha fretta di ritirare il prima possibile. L'Inghilterra è di gran lunga il motore economico del Paese, le altre nazioni sono ricettori netti di fondi centrali raccolti soprattutto a Londra e nel Sud-Est e hanno quindi il lusso di potersi mostrare più prudenti. È possibile infine che pesi anche il desiderio politico di Sturgeon di differenziarsi da Johnson in un'ottica di indipendenza scozzese, un argomento che tornerà a emergenza pandemica rientrata.
Nel prudente discorso di ieri sera, dopo una giornata in cui sono stati registrati altri 268 morti (31.
855 totali), Johnson ha annunciato che l'Inghilterra rimarrà ancora in lockdown, pur con un allentamento di alcune misure fra cui la possibilità di uscire all'aperto più spesso per fare sport e l'invito, per chi non può farlo da casa, di tornare al lavoro. Sarà inoltre introdotta per chi entrerà in Regno Unito una quarantena obbligatoria, una misura il cui inizio non è stato specificato.
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