"Lo Stato non rispetta il sacrificio dei nostri figli"

La mamma del parà uccisso in Afghanistan nel 2011: "Non mi vergogno di essere italiana solo per rispetto a David"

"Lo Stato non rispetta il sacrificio dei nostri figli"

Nella voce di Anna Rita Lo Mastro, madre del parà della Folgore David Tobini, morto in Afghanistan nel 2011 si avverte un dolore straziante ma non disperato, una dignità composta ma non rassegnata. Dopo la lettera indignata scritta al Giornale.it per protestare contro uno Stato che non si dimostra all'altezza del sacrificio del figlio, l'abbiamo raggiunta al telefono: «Mio figlio ha sempre sognato di entrare nell'esercito - ricorda con la voce rotta ma colma di tenerezza - Ho delle sue foto a sette anni sugli attenti. Al liceo già parlava di Patria».

Com'era?

«Sognava di diventare paracadutista, faceva il cameriere la sera e con i soldi che guadagnava andava a fare i lanci civili. Poi si è arruolato ma nessuno poteva immaginare l'Afghanistan...»

Cosa ha spinto David laggiù?

«L'amicizia. I ragazzi della Folgore vivono insieme, mangiano insieme, dormono insieme. Dividono tra di loro anche quello che non c'è. Mio figlio è caduto in nome dell'amicizia. Sa cosa c'è scritto nella motivazione della medaglia al valore?».

Prego

«Investito da intenso fuoco ostile, reagiva esponendosi più volte, incurante della propria incolumità, al fine di garantire la sicurezza dei propri commilitoni».

Lei è stata in Afghanistan?

«Sì, dopo la morte di mio figlio».

Cosa ha scoperto?

«I ragazzi che lasciano l'Italia partono con gli occhi spenti, lo sguardo triste. Ma il ritorno è stato peggio dell'andata».

Perché?

«Perché il ritorno l'ho fatto con gli occhi puntati su una pedana dove giaceva...»

Che dolore

«Io lo chiamo portagioie, perché mi fa meno male».

In Afghanistan ha trovato ciò che si immaginava?

«Mi aspettavo un Paese più libero. Non ho potuto nemmeno portare un fiore sul luogo dove è morto David. Questo mi ha fatto capire molte cose...».

Una volta tornata in Italia cosa è successo?

«Ho chiesto al Comune di Roma una piccola area, pochi metri al cimitero. Mi è stato risposto che c'erano dei problemi perché è un cimitero archeologico».

Quindi?

«Ho visto un piccolissimo spazio, ma mi hanno detto dedicato al materiale d'asporto. Ma dove sta il materiale d'asporto non può stare una cappella».

Alla fine come si è conclusa la vicenda?

«Alla fine hanno deliberato l'autorizzazione per la cappella che, vorrei sottolineare, viene pagata con i soldi di David. Non c'è alcuna sovvenzione pubblica».

Perché l'ha fatto?

«È un regalo che faccio a mio figlio, anzi che si fa da solo».

Cosa prova quando sente notizie come quelle degli scandali legati alla corruzione?

«Non potrei mai vergognarmi di essere italiana, ma quando sento certe notizie penso che non è questo il modo di onorare il sacrificio di tanti ragazzi».

Quanto è lontana l'Italia da quella che sognava suo figlio?

«Che domanda che mi fa. Dico solo che mio figlio per quest'Italia è morto».

Crede ancora nella Patria?

«Sono fiduciosa. Credo che le cose si possano aggiustare, con buona volontà e grande umanità. Dobbiamo essere più uniti, meno cattivi e meno cinici».

Cosa chiede alle istituzioni?

«Non pretendo rispetto, ma solo un po' di sensibilità. Come tutte le famiglie di chi è rimasto amputato, orfano di un figlio, di un marito, di un fratello. Per una responsabilità non nostra. Solo questo».

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«Sono molto dispiaciuta di tutta questa vicenda, ma fiduciosa».

Cosa le dà fiducia?

«Il ministro Pinotti mi sembra molto determinata».

Sinora, però, non si è riusciti a fare niente...

«Il passato è passato, speriamo nel nuovo. Sono italiani e dovremmo combattere per portarli a casa. Tutti».

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