Stellantis, mano tesa del governo. Ma garanzie sul piano per l'Italia

Il ministro Urso accusa Conte: "Il suo esecutivo poteva usare la golden power ma se ne lavò le mani". Il 17 il tavolo con i vertici

Stellantis, mano tesa del governo. Ma garanzie sul piano per l'Italia
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Il caso Stellantis approda in Parlamento, e durante il question time a Montecitorio va in scena un aspro botta e risposta tra governo e opposizioni. Con rimpallo di accuse sulle responsabilità di una crisi che viene da lontano.

Il ministro delle Imprese e made in Italy, Adolfo Urso (che proprio ieri ha annunciato la convocazione del tavolo con azienda, regioni e parti sociali per il 17 dicembre) punta l'indice contro l'esecutivo giallorosso presieduto da Giuseppe Conte: «Quando Stellantis presentò e chiese l'esercizio della Golden Power, fu il governo di allora a lavarsene le mani, ritenendolo non esercitabile. Ma l'azienda le presentò la richiesta, questa è la verità. Oggi a noi tocca riparare e trovare soluzioni ai lasciti del passato». Il premier dell'epoca, aggiunge, «decise invece di osservare passivamente» la nascita del gruppo Stellantis da Fca e Psa e «fece elargizioni miliardarie a favore di Fca», mentre in quel momento «si poteva determinare il futuro di Stellantis nel nostro paese». Insorgono indignati i 5Stelle: «Non va bene tirare ogni volta in ballo Conte per dargli le colpe», lamenta la pentastellata Ariemma, quando invece «è questo governo di fenomeni che toglie soldi ai lavoratori per spostarli sulle armi». Poi grida: «Il ministro ride? Venga ai cancelli di Pomigliano e vediamo chi ride».

Urso assicura di guardare con ottimismo al «tavolo» del 17: «Ci attendiamo novità concrete che riaffermino la centralità del nostro paese nel piano industriale nel gruppo, come anticipato nel recente colloquio che ho avuto con il presidente del gruppo John Elkann». Ad alimentare il suo ottimismo è la fuoriuscita di Carlos Tavares, che può «aprire una nuova fase nel dialogo» con l'azienda, visto che l'ex ad «era l'unico amministratore di grandi gruppi che non condivideva l'azione del nostro governo». Ironizza l'ex ministro del Lavoro Pd Andrea Orlando: «Finalmente un po' di chiarezza sulle dimissioni di Tavares che, a quanto apprendiamo, sono frutto dell'iniziativa politica del ministro». Anche se, riconosce, «non è responsabilità dell'attuale governo» la «subalternità storica dello Stato» alla ex Fiat, né «l'andata in malora di una serie di occasioni per rafforzare le garanzie occupazionali». Ma «è una rendita politica che questo esecutivo non può usare all'infinito». Del resto persino l'ex capo Cgil e europarlamentare Pd Sergio Cofferati ammette che sulla crisi dell'auto la «sottovalutazione e le responsabilità sono di tutti, anche della sinistra».

Una crisi, dice Urso, che investe tutta Europa ed è determinata anche dalla «follia delle regole del Green Deal Ue, che siamo impegnati a cambiare, e ci riusciremo». Intanto nella legge di Bilancio ci sarà «un aumento della dotazione del fondo automotive». Ma, spiega il presidente della commissione Finanze della Camera Marco Osnato, Fdi, «solo in cambio di politiche industriali serie e precise» e del «rientro della produzione in Italia».

Su una cosa destra e sinistra sono

d'accordo: «È indispensabile che Elkann riferisca alle Camere sugli impegni dell'azienda», dice il responsabile economico del Pd Antonio Misiani. «Rifiutarlo sarebbe uno schiaffo al Parlamento», aggiunge Giovanni Donzelli di Fdi.

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