Stop alle macchine, le ultime ore di Indi dopo l'ennesimo no dei giudici inglesi

Indi si sta spegnendo lentamente tra le braccia dei suoi genitori nella camera di un hospice anonimo dove è stata trasportata ieri mattina, come deciso venerdì dai giudici dell'Alta Corte di Londra

Stop alle macchine, le ultime ore di Indi dopo l'ennesimo no dei giudici inglesi
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Indi si sta spegnendo lentamente tra le braccia dei suoi genitori nella camera di un hospice anonimo dove è stata trasportata ieri mattina, come deciso venerdì dai giudici dell'Alta Corte di Londra, secondo i quali sarebbe stata un'inutile sofferenza per la bimba e accanimento terapeutico continuare a tenerla in vita ad ogni costo. Nel primo pomeriggio - ha fatto sapere straziato il suo papà - è cominciata la procedura di distacco dei supporti vitali, a partire dall'interruzione della ventilazione assistita e dall'aggancio a strumenti alternativi che dovrebbero garantire alla piccola di non soffrire, mentre le verranno somministrati i farmaci palliativi incaricati d'accompagnarla «gradualmente» verso la morte. Questione di ore o di giorni, a seconda di come risponderà il suo organismo.

Un epilogo drammatico per la bambina inglese di 8 mesi, affetta da un'incurabile patologia mitocondriale, che negli ultimi giorni l'Italia aveva cercato di scongiurare concedendo alla piccola paziente in tempi record la cittadinanza italiana e rendendosi disponibile a trasferirla a proprie spese all'ospedale pediatrico Bambin Gesù, pronto ad accoglierla e a prestarle tutte le cure possibili per alleviare il suo calvario. Tutto inutile. Dopo aver rigettato l'ultimo appello con il quale Dean Gregory e Claire Staniforth, affiancati da un team di avvocati e ad associazioni pro-life cristiane inglesi, avevano chiesto - attraverso il console italiano di Manchester Matteo Corradini - di spostare in Italia la giurisdizione del caso richiamandosi alla procedura prevista dall'articolo 9 della Convenzione dell'Aia, i giudici inglesi hanno disposto la sospensione dei trattamenti vitali negando ai genitori anche la possibilità di accompagnare alla morte la loro bimba in casa, nella sua cameretta, perché sarebbe stato troppo pericoloso. Questa, per i camici bianchi e le toghe inglesi, la soluzione meno crudele e dolorosa possibile. Così ieri mattina, in anticipo rispetto a quanto inizialmente deciso dalla Corte d'Appello che aveva fissato a domani la deadline per staccare la spina, Indi è stata trasferita in ambulanza in un hospice, scortata dalla polizia che per sicurezza e ordine pubblico ha poi continuato a presidiare la struttura.

Anche Papa Francesco è intervenuto per dare conforto alla famiglia Gregory in questi momenti terribili. «Mi stringo al papà e alla mamma, prego per loro e per lei, e rivolgo il mio pensiero a tutti i bambini che in queste stesse ore in tutto il mondo vivono nel dolore o rischiano la vita a causa della malattia e della guerra», il pensiero del Pontefice comunicato dalla Sala Stampa della Santa Sede. Per Beppino Englaro, il papà diventato simbolo della battaglia per il fine vita dopo aver lottato 17 anni affinché venissero sospese le cure alla figlia Eluana, vittima di un incidente stradale nel 1992, il caso di Indi «è un'altra tragedia della responsabilità che va chiarita a livello universale»: «Bisogna stabilire a chi spetta l'ultima parola», dice. Invece la piccola Gregory è finita al centro di una battaglia legale internazionale: da una parte i giudici inglesi che a più riprese hanno detto che i medici del Queen Medical Center di Nottingham dove era ricoverata la bambina dovevano interrompere i trattamenti che la tenevano in vita, dall'altra il governo italiano che ha fatto di tutto affinché fosse trasferita al Bambin Gesù.

Fino all'appello senza precedenti della premier Giorgia Meloni al ministro della Giustizia del governo Tory di Rishi Sunak, Alex Chalk, affinché sensibilizzasse la magistratura britannica a cedere la giurisdizione sul dossier all'Italia.

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