La strada dei negoziati è in salita, ma esiste. Intreccio delicato tra Stati Uniti, Turchia e Cina

Il vertice di Astana e il G20 tappe fondamentali. Ma serve lo stop all'escalation

La strada dei negoziati è in salita, ma esiste. Intreccio delicato tra Stati Uniti, Turchia e Cina

La massiccia e brutale rappresaglia russa, che ha ricordato i terribili giorni all'inizio dell'invasione, è l'epitaffio definitivo per qualsiasi speranza di pace? A prima vista sembrerebbe di sì, ma forse non tutto è perduto nel baratro della guerra. Il canale del dialogo fra russi e americani, riaperto da poco, non si è interrotto e continua a livello medio-basso attraverso i servizi segreti e la diplomazia sotterranea. Il Giornale ha conferme attendibili in tal senso.

Nelle prossime ore e giorni bisognerà capire se i russi continueranno a bombardare con uguale intensità, imprimendo una pericolosa escalation al conflitto, oppure no. L'impennata della valanga missilistica, che non si vedeva da mesi, è una prova di forza che pone tutti davanti a un bivio. A cominciare dagli americani pressati sempre più dagli ucraini per la fornitura dei lanciamissili Atacms, che possono agevolmente colpire la Crimea e la Federazione russa in profondità. La gittata fino a 300 chilometri è quattro volte quella dei lanciamissili Himars, che hanno già fatto male ai russi. Non a caso il Cremlino ha ribadito che la fornitura degli Atacms è un'altra linea rossa.

Gli americani sanno bene che l'orso russo si sta leccando le ferite dei rovesci sul campo di battaglia e per questo è ancora più pericoloso, come ha dimostrato con la zampata missilistica. Il presidente Joe Biden, che ha appena stanziato altri 600 milioni di dollari in Himars, obici, munizionamento e veicoli tattici per gli ucraini, oltre al bastone ha a disposizione la carota. L'inquilino della Casa Bianca parteciperà al G20 del 15 novembre, dove ci saranno anche Putin e il leader cinese. Una settimana prima si voterà per le elezioni parlamentari americane di metà mandato. E Donald Trump ha già suonato la carica chiedendo nei comizi «immediati negoziati per mettere pacificamente fine alla guerra in Ucraina, altrimenti finiremo nella terza guerra mondiale».

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che sa bene cosa bolle in pentola, ha ribadito che «la liberazione è l'unica base per la pace e la sicurezza».

Probabilmente l'ondata missilistica russa è un colpo solo, one shoot, tenendo pure conto che le scorte non sono infinite. Un missile è volato sopra la cittadella governativa, dove si trova il palazzo presidenziale a Kiev. E da Mosca hanno sottolineato che gli ordigni erano ad alta precisione. Ovvero, se alcuni obiettivi non sono stati centrati, secondo i russi sarebbe un messaggio voluto che fa intendere come alla prossima escalation i bersagli potrebbero essere ancora più importanti e critici. Il biglietto da visita per il nuovo comandante del fronte ucraino, generale Sergei Surovikin, soprannominato Armageddon, non poteva essere peggiore.

Un altro aspetto da non sottovalutare è l'allargamento del conflitto. Alcuni missili hanno violato lo spazio aereo della Moldova, il camion bomba che ha fatto saltare il ponte di Putin potrebbe essere partito dalla Bulgaria e riemerge il timore per un intervento della Bielorussia. Non solo: a Mosca è stato innalzato il livello di allerta da arancione a rosso per possibili attentati, ma senza renderlo pubblico.

Il bicchiere mezzo pieno è l'incontro di oggi a San Pietroburgo fra Putin e il direttore generale dell'Agenzia atomica, Rafael Grossi, sulla

delicata situazione della centrale nucleare di Zaporizhia. E questa settimana il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, parlerà di Ucraina con Putin ad Astana. Troppo poco dopo a pioggia di missili su Kiev e le altre città.

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