Un pantano. Il fronte diplomatico del conflitto ucraino è una guerra di trincea in cui sembra non accadere nulla. Vero che i tempi della diplomazia sono pachidermici a confronto del rombo ossessivo delle armi, ma l'ottimismo manifestato domenica da parte ucraina e anche da parte russa non si è tradotto ieri in alcun passo avanti nel quarto round dei colloqui in videoconferenza. A un certo punto si è deciso un rinvio per nebbia a oggi. Una «pausa tecnica» decisa per svolgere «lavoro aggiuntivo nei sottogruppi di lavoro» e avere «chiarimenti delle singole definizioni», come ha scritto su Twitter Mykhailo Podolyak, consigliere di Volodymyr Zelensky e sherpa della delegazione ucraina, che però non si scoraggia: «I colloqui vanno avanti».
La giornata del resto non si era aperta sotto i migliori auspici, con le delegazioni assai lontane e ferme nelle loro posizioni. Che sono chiare: Kiev chiede un cessate il fuoco e garanzie per una pace duratura, Mosca pretende la neutralità dell'Ucraina e che questa non costituisca più una minaccia per la Russia, e quindi non flirti più con l'Europa e l'occidente. E a rendere più arduo lo sbroglio della matassa oggi alla ripresa dei negoziati, lo scontro su Donetsk di ieri, con i russi ad accusare Kiev dell'attacco missilistico che ha colpito un palazzo provocando una ventina di vittime civili e il portavoce militare di Kiev Leonid Matyukhin a trasecolare: «Si tratta senza dubbio di un missile russo o altra munizione, non ha senso nemmeno parlarne». Insomma, «la comunicazione continua a essere difficile», come spiega Podolyak su Telegram. Leggermente più ottimista il vicecapo dell'ufficio del presidente Zelensky, Ihor Zhovkva, che rintraccia indizi di una maggiore collaboratività da parte dei negoziatori russi rispetto all'incomunicabilità dei primi round. «Invece di darci un ultimatum o linee rosse o chiedere all'Ucraina di capitolare, ora sembrano avviare negoziati costruttivi». Zelensky in un video invoca ancora una volta un incontro con Vladimir Putin ma l'obiettivo, va detto, appare ancora piuttosto lontano.
Naturalmente la diplomazia agisce ad ampio raggio e coinvolge molti attori. Nella notte tra domenica e ieri il segretario di Stato americano Antony Blinken ha parlato al telefono con il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba sulle prossime mosse. Un colloquio da cui l'ucraino è uscito piuttosto aggressivo: «A coloro che all'estero - ha twittato - hanno paura di essere trascinati nella terza guerra mondiale. L'Ucraina combatte con successo. Abbiamo bisogno di voi per aiutarci a combattere. Forniteci tutte le armi necessarie. Applicate più sanzioni alla Russia e isolatela completamente. Aiutate l'Ucraina a costringere Putin al fallimento e scongiurerete una guerra più grande».
Protagonista della scena diplomatica anche il primo ministro israeliano Naftali Bennett, che ieri ha lasciato una seduta del governo per fare una lunga telefonata a Vladimir Putin. Un'ora e mezzo di conversazione nel quale Bennett ha chiesto ancora un cessate il fuoco. In Europa i due leader più attivi sono il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron. Quest'ultimo, un po' distratto dall'avvicinarsi delle presidenziali (giovedì presenterà il programma), mantiene un fil rouge con Biden e Zelensky.
Scholz invece è in Turchia, per la sua prima visita ufficiale, e ha ieri tenuto una conferenza stampa congiunta con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan: «Ogni volta che un missile viene lanciato, la Russia si allontana sempre di più dalla comunità internazionale». Scholz si è congratulato con Erdogan per aver chiuso lo stretto dei Dardanelli e il Bosforo alle navi da guerra come stabilito dalla Convenzione di Montreux.
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