La strana guerra segreta. Matteo si affida agli 007

La catena di comando partirà dal premier e vedrà il ruolo centrale dei servizi. Ridotto al minimo il controllo parlamentare. I dubbi di Berlusconi e Prodi

Le macerie dopo lo strike americano ad ovest di Sabrata, in Libia
Le macerie dopo lo strike americano ad ovest di Sabrata, in Libia

Sarà una guerra «segreta» quella in Libia? Le missioni italiane, a quanto sembra, saranno dirette dai nostri servizi di intelligence, integrati dalle unità speciali militari che avranno le stesse garanzie. Una novità e le polemiche non mancano dopo la tragica notizia dei due italiani uccisi. Silvio Berlusconi mette in guardia da «interventi frettolosi o superficiali» e per Romano Prodi «in questo momento non ci sono le condizioni per cui si possa intervenire».

Ma intanto Matteo Renzi, che ha in odio burocrazie militari e lungaggini parlamentari, si è cucito per l'occasione un inedito strumento agile e flessibile. Lo ha fatto con il decreto del 10 febbraio (subito secretato), che avoca alla presidenza del Consiglio la responsabilità di decidere, pianificare e controllare le missioni degli 007, supportati da militari dei corpi speciali, secondo le notizie del Corriere della Sera e del Sole 24 ore.

Vuol dire che la «catena di comando» partirà dal premier in persona e che il ministro della Difesa e gli altri competenti saranno solo informati. Tutto farà capo al Dipartimento per la sicurezza (Dis), diretto da Giampiero Massolo, che dipende dal servizio segreto per l'estero (Aise) e risponde al sottosegretario Marco Minniti. Anche il controllo del parlamento sarà ridotto al minimo, perchè avverrà attraverso il Comitato parlamentare per i servizi (Copasir). Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sarebbe stato informato all'ultima riunione del Consiglio Supremo di Difesa.

In Libia ci sarebbero già tre squadre di agenti, meno di 40 in tutto, e circa 50 militari sarebbero pronti a partire. Solo dopo seguirebbero tremila uomini di reggimenti come il San Marco e il Tuscania.

«É la prima volta - conferma il generale Giovanni Arpino, ex capo di stato maggiore della Difesa-, che si formalizza un sistema del genere, anche se abbiamo già sperimentato gruppi misti in Kosovo e in Bosnia. Interverrebbero piccoli nuclei sotto la responsabilità dei servizi, per una prima fase esplorativa, di intelligence, ma pronta ad azioni di combattimento. Una specie di limbo che preparerà le operazioni belliche vere e proprie, per cui serviranno forze più consistenti». Ma verrà di fatto esautorato lo stato maggiore della Difesa? Il generale non vuole usare parole grosse, dice che «il coordinamento resta». Ma darà gli ordini Palazzo Chigi.

«Una catena di comando del tutto irrituale», nota il senatore Gaetano Quagliariello, così si «terrebbe di fatto il parlamento all'oscuro, per via dell'obbligo di segretezza dei componenti del Copasir e ancor più per il fatto che molti gruppi parlamentari nel Comitato non sono rappresentati». Il primo a protestare per questo è quello di Fi.

E due ex premier invitano alla cautela. Il leader azzurro Berlusconi ricorda «la complessità della situazione libica e l'elevato rischio di causare vittime innocenti», mentre per l'ex presidente della Commissione Ue Prodi la guerra è «l'ultima cosa da fare, un intervento può essere fatto solo in ambito Onu, con un ruolo serio dell'Italia, dopo la richiesta di un governo unitario». E oggi «siamo lontanissimi» da un simile scenario.

L'Italia, in effetti, per assumere il comando della missione internazionale, aspetta la nascita di un governo di unità nazionale a Tobruk, che avanzi la richiesta formale di intervento. Il voto è atteso per lunedì, ma i rinvii sono già stati tanti.

E da Tripoli, dove siede l'altro Parlamento legato ai Fratelli musulmani, il ministro degli Esteri Ali Ramadan avverte che va bene per la guida italiana ma se ogni azione non verrà «minuziosamente concordata», si trasformerà in «palese violazione della nostra sovranità personale».

Molte forze politiche, da Fi al M5S, chiedono un'informativa del governo e a fare il punto sulla Libia sarà il 9 marzo il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, nell'aula della Camera.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica