
Il destino della Romania, ai nostri occhi di europei occidentali e a maggior ragione dal punto di vista americano, è quello di eterna marginalità. Fu periferia dell'impero già ai remoti tempi di quello romano e tale rimase per millecinquecento anni, contesa tra bizantini, ungheresi, ottomani e russi. Nel Novecento fu alleata minore dell'effimero impero hitleriano, scheggia miserabile di quello sovietico, oppressa dalla feroce satrapia balcanica di Nicolae Ceausescu. Ed è oggi uno dei parenti più poveri dell'Unione Europea, d'importanza solo geostrategica, in quanto rappresenta un prezioso avamposto Nato ai confini dell'Ucraina.
Di Romania qui si parla poco, di solito per lamentarne la corruzione e magari per accusarla di rifilarci emigranti non sempre ineccepibili, dimenticando quanti onesti e utilissimi lavoratori questo Paese ci fornisca da decenni. Oggi i media se ne ricordano per la notizia dell'esclusione dalle prossime elezioni presidenziali di quel Calin Georgescu che era arrivato in testa al primo turno con circa un quarto dei voti. Georgescu, ricordiamo, è un estremista di destra, semisconosciuto agli stessi romeni fino a pochi mesi fa, e il suo exploit è stato uno choc, visto il suo programma anti-Ue, anti-Nato, filo-Putin e perfino revanscista verso terre della confinante Ucraina che Hitler aveva concesso alla Romania fascistoide del generale Antonescu durante la seconda guerra mondiale. Il suo imprevisto successo al primo turno nello scorso novembre (i cui risultati sono stati annullati dalla Corte Costituzionale di Bucarest) è stato attribuito a una menzognera e martellante campagna sui social primo fra tutti il cinese Tiktok condotta grazie a generosi, e malamente occultati, finanziamenti dalla Russia. E la motivazione principale dell'esclusione di Georgescu dalle nuove elezioni fissate al 4 maggio è proprio nella violazione delle norme sui finanziamenti: a nessun candidato è consentito trarre illecito vantaggio da una campagna condotta con maggiore efficacia grazie a denaro straniero. L'esclusione di Georgescu ha fatto gridare lui stesso e i suoi sostenitori in Romania e all'estero al tradimento della democrazia. Sono stati citati sondaggi che lo vedevano in testa nelle intenzioni di voto, e il candidato escluso che presenterà regolare ricorso ha puntato il dito accusatore in direzione di Bruxelles. «L'Europa ha gettato la maschera - ha gridato l'uomo finanziato dal Cremlino e dal capo mercenario romeno Horatiu Potra, attivo nella terribile guerra in corso nel Congo, con 25 chili d'oro e 3 milioni di dollari in contanti È solo una dittatura e la Romania è sotto una tirannia». Ora, ciascuno può farsi l'idea che crede su questa decisione, che è stata presa a Bucarest e non a Bruxelles. E rimane comunque il diritto delle democrazie di tutelarsi contro loro avversari decisi a sovvertirle grazie al sostegno di personaggi loschi e di potenze ostili. L'accusa mossa da Georgescu all'Europa svela semmai il suo vero obiettivo, che è quello di delegittimare l'Ue d'intesa con Mosca. Ma quello che davvero è preoccupante è il ruolo degli Stati Uniti. Come tutti i candidati della destra antisistema europea, Georgescu gode del sostegno della Casa Bianca, esplicitato dal vicepresidente JD Vance e dal jolly Elon Musk, che ieri ha parlato di «follia» prendendo le parti dell'escluso.
Dietro gli strilli in difesa della democrazia, guarda caso mai diretti verso Mosca, è difficile non vedere il vero obiettivo comune, purtroppo, all'Amministrazione Trump e al Cremlino: la disgregazione dell'Ue e della Nato. È ben questo che dovremmo temere.
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